Parla Francesco De Gregorio, l’agente del commissariato intervenuto per tentare di soccorrere la donna. «A casa ho pianto con mia moglie»
Una disumana ferocia l’ha uccisa, un’insperata umanità l’ha accompagnata nell’ultimo viaggio. Ma se dell’assassino di Celeste Palmieri — avvenuto venerdì scorso nel parcheggio di un market a San Severo, per mano del marito Mario Furio — sappiamo tutto, di chi l’ha vegliata come una pietà contemporanea non sapevamo niente. Si chiama Francesco De Gregorio, è agente di polizia al commissariato di San Severo, ha 33 anni, una moglie e una figlia di 2 anni.
Quand’è arrivato sul luogo del delitto?
«Subito, facevo footing da quelle parti. Ho sentito il primo sparo, mi sono messo a correre. Poi il secondo. Ho visto lui che andava via, a terra nel parcheggio Celeste».
Cos’ha fatto?
«L’ho chiamata: “signora, signora”. Aveva gli occhi chiusi e una ferita alla gola. Mi sono sdraiato vicino a lei, sul fianco».
E Celeste?
«Le ho stretto la mano destra, ha riaperto gli occhi. Muoveva le palpebre per darmi cenni di presenza».
Nel frattempo?
«Dovevo tenere lontani i curiosi che si stavano avvicinando, tutto con la sua mano nella mia».
Non vi siete parlati?
«Non poteva parlare. Ho tenuto stretta la sua mano per tutto il tempo, a volte la sentivo viva, altre come se mi stesse abbandonando. Tutto in pochi istanti, in cui ho compreso il vero valore della vita».
Finalmente l’ambulanza.
«È arrivata presto, l’hanno caricata a bordo ed è stato solo allora che le ho lasciato la mano».
Aveva capito cosa le era successo?
«Non immediatamente, ero troppo preso dal cercare di tenerla in vita. Poi però ho cominciato a ricostruire la storia, la gente lì presente diceva che era stato il marito ad averla ridotta così».
Le era mai capitato prima?
«No, ho perso mia madre ma non è stato così».
Con Celeste com’è stato?
«Ero l’ultima persona della terra con cui Celeste si stava confidando, anche se non parlava mi stava consegnando il peso dei suoi pensieri».
Lei è credente?
«Sì, ma non pratico. Questa cosa però ha cambiato il senso di tutto, credo anche il peso specifico della mia fede».
Sua figlia ha capito che il padre è a suo modo un eroe?
«No, è piccola».
Sua moglie?
«Quando sono tornato a casa mi si è gettata al collo, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto. Serviva anche a me, io ripudio qualsiasi forma di violenza».
Li ricorderà come gli istanti più lunghi della sua vita?
«Non so come li ricorderò, ma questa è una cosa che la vita me l’ha già cambiata».
Cosa si sente di dire a chi subisce violenze?
«Che deve denunciare».
Il suo cognome ha un vocale in più di quello del cantautore, De Gregori.
«Me lo dicono tutti, so perché me lo dice anche lei. “Voleremo in cielo in carne e ossa, non torneremo più… ”. La donna cannone prima era solo una canzone, prima… ».
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La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni: la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.
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