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Energia, le regioni hanno fatto un disastro #finsubito prestito immediato



Pannelli fotovoltaici

«Un esempio di decentramento sbagliato riguarda la localizzazione degli impianti di energia rinnovabile. Si è dato il potere alle Regioni e si rischia il caos normativo. La Sardegna, che sul tema delle aree idonee si è già espressa, ha praticamente dichiarato il 99% del territorio off limits. Se le altre Regioni seguiranno il suo esempio, ci troveremo la strada sbarrata e addio energia pulita, con le buone intenzioni che finiranno nel cestino. La situazione non sarà però migliore se altre Regioni andranno in controtendenza poiché gli uffici preposti alla valutazione degli impianti sono da tempo a corto di personale, un punto sul quale non si interviene: come si può pensare di dimezzare le tempistiche o accorpare i procedimenti se le risorse restano le stesse? In ogni caso sarebbe senz’altro preferibile che fossero i Comuni a individuare le aree idonee per gli impianti»: Raffaele Giacchetti è Ceo di Cfr, società che si occupa di energia solare (ha contribuito alla costruzione di impianti per oltre 1400 megawatt) e responsabile degli investimenti in energie rinnovabili del fondo americano Plentium Capital. Ma è pure presidente di Gis, Gruppo impianti solari, che associa un gruppo di operatori del settore. Oltre che per il decentramento regionale ha il dente avvelenato per il Testo unico sulle rinnovabili, approvato in agosto da palazzo Chigi: «Il governo ha perso l’opportunità di risolvere il problema legato alla lentezza degli iter autorizzativi, uno dei motivi principali per i quali la transizione in Italia non decolla. La situazione di stallo in cui ci troviamo è sotto gli occhi di tutti. Nella solo provincia di Viterbo sono una trentina gli impianti riconducibili alla nostra associazione oramai in standby. Una delle ultime volte che siamo andati a depositare un progetto al ministero dell’Ambiente ci è stato detto che, se tutto fosse andato bene, ci sarebbero voluti almeno tre anni per completare i passaggi burocratici. Ci è anche capitato di non trovare nessuno allo sportello ad accoglierci e darci un numero di protocollo, che ci permettesse perlomeno di seguire l’iter, tale è la mancanza di personale. Il Testo Unico avrebbe dovuto mettere mano a questa questione ma non interviene sugli uffici preposti alla valutazione delle pratiche e non imputa nulla in termini di responsabilità a chi disattende le regole».

Domanda. Quindi è una specie di corsa a ostacoli aprire un parco solare?

Risposta. Sì, e raramente si arriva al traguardo. Il ministero impiega dai due ai due anni e mezzo per la valutazione d’impatto ambientale. Regioni e Province iniziano l’iter autorizzativo solo dopo, anche se per legge non dovrebbero aspettare questo passaggio. E se finalmente l’autorizzazione arriva, iniziano le battaglie legali. Un altro grande ostacolo è rappresentato dall’inefficienza della rete elettrica il cui sviluppo è indispensabile per collegare gli impianti e farli entrare in esercizio. Terna si è impegnata col Piano industriale 2024-2028 a favorire l’integrazione delle fonti rinnovabili, ma i lavori di adeguamento stanno procedendo troppo a rilento. E poi c’è lo spreco di energia.

D. L’energia viene sprecata?

R. Al ministero dell’Ambiente, che si occupa dell’autorizzazione di questi impianti, ci sono circa 300 pratiche in questo momento. Della loro gestione si occupano solo due persone, un ingegnere e un avvocato, quindi in queste condizioni è impossibile dare slancio al settore. Si tratta di un ritardo grave perché grazie alle batterie potremmo conservare e utilizzare l’energia che oggi viene buttata nel momento in cui la rete non riesce più a supportare gli impianti e questi vengono staccati. Conclusione: nel Piano energia e clima viene specificato che l’Italia dovrà raggiungere al 2030 una potenza da fonte rinnovabile di 131 GW. La nostra previsione è che arriveremo appena a 60 GW.

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D. Quali proposte?

R. Per esempio destinare il 3% della superficie agricola di ogni Comune al fotovoltaico e lo 0,3% all’eolico fuori da ogni vincolo. Questa strada permetterebbe al gestore di rete di programmare gli interventi, non appesantire i ministeri di pratiche, garantirebbe una maggiore equità nella distribuzione dei carichi tra enti locali nonché un abbassamento dei costi energetici per tutta la popolazione.

D. C’è però chi parla di impatto negativo dei parchi solari.

R. Tralasciando l’aspetto estetico, su cui ognuno può avere le proprie idee, i pannelli non arrecano danni al suolo. Da uno studio dell’Istituto per le piante da legno e l’ambiente, controllato delle Regione Piemonte, è emerso che i pannelli consentono una maggiore conservazione delle riserve idriche e creano situazioni di temperatura più costante, almeno nello strato superficiale. Ci sono evidenze incoraggianti anche per quanto riguarda il cosiddetto indice di qualità biologica dei suoli e il progresso della sostanza organica. Comunque è giusto privilegiare progetti su terreni incolti e aree prive di vincoli di qualsiasi tipo e magari coniugare la produzione di energia con attività di tipo silvo-pastorale grazie alla presenza di pali più alti e ad un maggiore distanziamento tra i pannelli.

D. Perché la crescita, pur tra le difficoltà, di produzione dell’energia rinnovabile non ha consentito la riduzione delle bollette per il consumatore?

R. Le fonti rinnovabili sono meno care del gas, ma in alcune aree gli impianti vengono staccati da aprile a ottobre per alcune ore al giorno, perché si va in sovraproduzione e la rete non riesce a supportarli. Questa sospensione riduce il margine di guadagno dell’imprenditore che, quando presenta il progetto, fa una stima di quanto produrrà e la usa per decidere a quanto vendere l’energia. Poiché l’investimento deve essere ripagato, bisogna quindi alzare i margini. Per vedere un effetto in bolletta, bisognerebbe avere una distribuzione omogenea dell’energia su tutto il territorio.

D. Che ruolo potrebbero giocare le multiutility sul mercato?

R. Le multiutility hanno il vantaggio di avere una costante produzione grazie alle diverse fonti di energia. Potrebbero lavorare sul bilanciamento della produzione e mixare forse meglio il prezzo.

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D. L’idrogeno diventerà un concorrente del solare?

R. Non credo, sia perché idrogeno e solare vengono utilizzati per obiettivi diversi, sia perché questo va comunque prodotto mentre, una volta che il sole splende e i pannelli sono in esercizio, l’impianto va da sé. L’idrogeno è più un concorrente di gasolio e benzina.

D. Quali sono gli obiettivi dell’associazione Gis, Gruppo impianti solari?

R. L’associazione è nata in un momento in cui abbiamo sentito l’esigenza di unire le forze per rispondere agli attacchi sulle rinnovabili e diffondere informazioni corrette. Adesso cerchiamo di difenderci dalla soffocante burocrazia. Le nostre aziende fatturano circa 150 milioni.



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