Il bonus asilo nido, insieme all’Assegno unico, garantisce un sostegno alle famiglie sulle rette pagate per i servizi alla prima infanzia. La misura andrebbe potenziata, aumentando gli importi riconosciuti e i posti disponibili, soprattutto in alcune aree.
I numeri del bonus asilo nido
Il bonus asilo nido, cioè la prestazione che rimborsa in parte o in tutto la spesa di coloro che fruiscono di asili nido per i figli di età fino a 36 mesi, risulta l’unico trasferimento monetario a favore delle famiglie con figli rimasto in vigore dopo l’introduzione, nel 2022, dell’Assegno unico universale. Quest’ultimo infatti ha assorbito le varie misure preesistenti: gli assegni ai nuclei familiari con figli e orfanili, l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli, il premio alla nascita, l’assegno di natalità, nonché le detrazioni per figli a carico fino a 21 anni.
Il bonus asilo nido nel 2023 ha raggiunto quasi 480mila bambini, erogando mediamente 204 euro per 6,6 mensilità. Le famiglie possono richiedere il bonus per un massimo di undici mensilità, ma vengono pagate solo quelle di effettiva frequenza dell’asilo nido. Il numero di rate rimborsate è quindi contenuto: poco più di tre mensilità per i nati nell’anno, e poco più di cinque per i bimbi di un anno.
Il XXIII Rapporto annuale Inps indica che i beneficiari complessivi del bonus tra il 2020 e il 2023 risultano cresciuti del 70 per cento. Bisogna tener presente che il basso numero dei beneficiari nel 2020 e nel 2021 è da ricondurre all’emergenza Covid-19 e ai provvedimenti introdotti per il suo contenimento, tuttavia l’incremento successivo è dovuto in parte a una maggiore conoscenza dello strumento da parte delle famiglie, ma soprattutto a un consistente incremento delle risorse impegnate: nel 2022 e nel 2023, infatti, sono state ammesse prenotazioni di rate superiori alle somme stanziate dalla legge, perché i risparmi legati alla drastica riduzione degli accessi ai nidi nei due anni di pandemia hanno permesso di impiegare le risorse non utilizzate allora a integrazione delle erogazioni dei due anni successivi.
Una particolare tipologia di bonus è prevista per i bambini affetti da gravi patologie croniche che non frequentano il nido ma fruiscono di forme di supporto presso la propria abitazione. Nel 2023 l’hanno ricevuto circa 500 bambini per i quali sono stati erogati mediamente 2.720 euro annui: per questa categoria di beneficiari, leggermente cresciuta negli anni pandemici, ma comunque molto esigua nei numeri, il pagamento del bonus è in un’unica soluzione.
Figura 1 – Numero beneficiari e importo medio mensile del bonus asilo nido – Anni 2020-2023
Quanto vale il rimborso e l’identikit di chi lo riceve
A partire dal 2020 il bonus è stata modulato in base al valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee minorenni). Il contributo viene erogato dopo la presentazione dei documenti che attestano l’avvenuto pagamento delle rette sulla base del valore dell’Isee, con un meccanismo che comporta una copertura maggiore per i beneficiari appartenenti alla fascia di Isee più bassa e minore per coloro che hanno redditi più alti o non hanno presentato la dichiarazione sostitutiva unica, ossia il documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale del nucleo familiare necessario per ottenere la certificazione Isee.
Nel 2023 la copertura media è stata del 62 per cento, ma le fatture sono state rimborsate in misura pari al 78 per cento alle famiglie con Isee fino a 25mila euro (221 euro al mese), al 58 per cento per le classi di Isee intermedie (216 euro al mese) e al 32 per cento per le classi successive o senza Dsu (137 euro al mese).
I beneficiari del 2023 appartengono principalmente a famiglie in cui entrambi i genitori lavorano (77 per cento): in particolare, il 56 per cento è costituito da coppie di lavoratori dipendenti, il 3 per cento da coppie di lavoratori autonomi e il 18 per cento da coppie “miste”.
Per le famiglie in cui lavorano sia la mamma che il papà, la quota media di copertura delle rette del nido si attesta intorno al 60 per cento, mentre per i nuclei in cui entrambi i genitori non lavorano il rimborso medio è decisamente più elevato, intorno all’80 per cento, perché si tratta di famiglie che in prevalenza appartengono alla prima fascia di Isee.
L’apporto dell’Assegno unico universale
Le famiglie con figli piccoli che frequentano gli asili nido ricevono dall’Inps anche altre somme: si tratta dell’Assegno unico universale, il principale strumento di supporto a tutte le famiglie con figli che risiedono nel nostro paese, che prevede maggiorazioni particolarmente consistenti per i bambini più piccoli. A partire dal 1° gennaio 2023 infatti, la legge di bilancio ha aumentato del 50 per cento la misura dell’assegno base per ciascun figlio di età inferiore a un anno; nel caso poi di nuclei familiari con tre o più figli e per livelli di Isee inferiori al limite massimo (pari a 43.240 euro nel 2023 e a 45.574,96 euro nel 2024) la maggiorazione viene erogata anche per i figli di età compresa tra uno e tre anni.
Una simulazione del Rapporto Inps ha quindi ricalcolato il tasso di copertura delle rette dei nidi: il risultato è che se si considera anche l’apporto mensile della quota di Auu relativa al bambino che frequenta il nido, le rette risultano più che coperte. In termini medi mensili si passa da una quota di copertura del 62 per cento al 118 per cento, mentre, per i bambini più piccoli, quelli che accedono al nido nell’anno di nascita, il rapporto tra le somme erogate dall’Inps e le rate del nido effettivamente pagate arriva al 144 per cento.
È evidente che le rette del nido non sono le sole spese da affrontare per la cura dei figli più piccoli, tuttavia l’apporto fornito dall’Auu, che peraltro viene erogato a partire dal settimo mese di gravidanza e per tutti i mesi dell’anno, costituisce un valido aiuto.
Le novità per i nati dal 2024
Dal 2020 le modalità di calcolo del bonus sono rimaste immutate sia in termini di classi di Isee che di importi massimi concedibili. Ciò ha comportato una diminuzione delle quote di copertura, nonostante l’incremento medio degli importi concessi, poiché il tasso di crescita delle rette dei nidi è stato più consistente: nel 2023 a una crescita dell’importo medio del bonus pari all’1 per cento è corrisposto un incremento delle fatture dei nidi del 4 per cento.
Per alleggerire la spesa sostenuta dai genitori dei bambini che frequentano i nidi, la legge di bilancio 2024 (legge 213/2023) ha potenziato gli stanziamenti previsti per la misura, con un aumento della prestazione per i nati dal 1° gennaio 2024 in poi. A partire dal secondo figlio, nel caso in cui l’Isee non superi i 40mila euro e in famiglia ci sia almeno un figlio di età inferiore ai 10 anni, il bonus arriva fino a un massimo di 3.600 euro annui (undici rate da 327 euro). La limitazione reddituale e generazionale introdotta riduce sicuramente la portata del provvedimento.
Per venire incontro alle esigenze delle famiglie risulterebbe opportuno quindi individuare ulteriori aree di intervento, quali la realizzazione di nuove strutture dai costi accessibili in alcune zone del paese dove sono particolarmente carenti, favorendo in tal modo la conciliazione tra gli impegni lavorativi e quelli familiari. Intervenire, quindi, sull’offerta dei nidi e ridurre i costi che gravano sulle famiglie è un passo importante, che potrebbe aiutare la crescita della natalità e la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, su cui grava in modo significativo la cura dei figli nei primi anni di vita.
Per quanto riguarda i livelli di natalità, basta dire che l’ultimo anno di picco delle nascite in Italia è stato il 2008 e da allora si è verificato un progressivo declino demografico che di fatto ha comportato 200mila nati in meno in quindici anni. È il cosiddetto “inverno demografico” che avrà conseguenze preoccupanti sulla sostenibilità del sistema previdenziale, sanitario e di quello economico in generale. In questo contesto, una diffusione più capillare e omogenea sul territorio delle strutture per la prima infanzia e un rimborso più consistente delle rette del nido potrebbe avere una influenza positiva sulle scelte di fecondità delle famiglie del nostro paese, sia favorendo la permanenza delle lavoratrici nel mondo del lavoro dopo la nascita di un figlio, sia consentendo alle donne in cerca di lavoro di decidere con maggiore tranquillità di diventare mamme.
* Le opinioni qui espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente agli autori e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto di appartenenza. Questo articolo viene pubblicato in contemporanea su Menabò di Etica ed Economia.
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