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MEDICINA – A Sassari primo prelievo di cuore in Sardegna a “cuore fermo” #finsubito richiedi mutuo fino 100%


SASSARI > Il primo prelievo di cuore con la procedura del “cuore fermo” in Sardegna è stato effettuato tra il 12 e il 13 novembre, nelle sale operatorie al quarto piano del Santissima Annunziata, grazie alle volontà espresse in vita da un paziente di 59 anni deceduto nella Rianimazione del Civile. In contemporanea sono stati effettuati anche i prelievi di fegato e delle cornee.

 

A un mese dal primo prelievo multiorgano a cuore fermo (era il 12 ottobre quando venivano prelevati reni, fegato e cornee da un 65enne deceduto in Rianimazione), Sassari replica con una nuova e importante donazione multiorgano che potrà garantire la vita ad almeno due pazienti in lista d’attesa per un trapianto d’organo.

 

«Questo risultato – ha dichiarato Antonio Lorenzo Spano, direttore generale dell’Aou di Sassari – è il frutto dell’impegno e della straordinaria professionalità delle nostre équipe, che lavorano in perfetta sinergia per garantire una donazione sicura e rispettosa. Un sentito grazie va al donatore e alla sua famiglia per questo gesto di generosità straordinaria».

La complessità di questo prelievo a cuore fermo, durato diverse ore, ha richiesto competenze e preparazione elevatissime.

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È un risultato che mette l’Aou di Sassari tra le poche realtà italiane all’avanguardia, come Veneto, Emilia Romagna e Lombardia.

 

«L’eccezionalità dell’intervento – ha aggiunto Paola Murgia, coordinatrice locale dei trapianti e responsabile del Coordinamento ospedaliero procurement dell’Aou di Sassari –, che ha un altissimo risvolto umano, è consistita nell’aver potuto prelevare, oltre al fegato, anche il cuore dopo i 20 minuti di elettrocardiogramma piatto previsti dalla legge. Il cuore, dopo l’arresto, una volta perfuso con l’ECMO ha ripreso l’attività contrattile, dimostrando di essere in condizioni ottimali per essere trapianto. La complessa procedura ha visto lavorare in sala operatoria più equipe mediche per perfondere gli organi, prelevarli e poi effettuare il trapianto».

 

Il lavoro è frutto di una stretta sinergia tra equipe diverse.

 

L’attività multidisciplinare, infatti, ha coinvolto la Terapia intensiva del Santissima Annunziata guidata dal dottor Leonardo Bianciardi e ha visto operare a stretto contatto gli specialisti Ecmo con il medico intensivista, la dottoressa Stefania Milia quindi i cardiochirurghi e i perfusionisti guidati da Michele Portoghese, i cardioanestesisti guidati dal dottore Andrea Balata, gli infermieri di sala operatoria, quindi gli specialisti del laboratorio analisi diretto da Angela Bitti, la Microbiologia e virologia del professor Salvatore Rubino, il Centro trasfusionale diretto dal dottor Pietro Manca, la Radiologia diretta dal professor Salvatore Masala, gli oculisti della Clinica diretta dal professor Antonio Pinna e l’Anatomia patologica diretta dal professor Antonio Cossu.

A questi si aggiunge anche la struttura di Qualità, Accreditamento, Clinical Governance, Risk Management diretta dal dottor Roberto Foddanu.

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Il cuore e il fegato sono stati trapiantati nella penisola, le cornee alla Banca degli occhi di Mestre.

La donazione a cuore fermo, o “Donor after Circulatory Death” (DCD), è un programma di donazione di organi che coinvolge persone decedute in seguito a un arresto cardiaco. La donazione a cuore fermo prevede la verifica della morte attraverso criteri cardiologici. In Italia, la certificazione del decesso in caso di donazione a cuore fermo avviene solo dopo venti minuti di assenza di attività cardiaca, documentata da un elettrocardiogramma. Questa tempistica rigorosa è necessaria per proteggere la qualità degli organi e ridurre il rischio di danni dovuti alla cosiddetta “ischemia calda”. Si tratta di un periodo in cui gli organi, pur essendo ancora all’interno del corpo, non ricevono afflusso di sangue, né attraverso la circolazione naturale né tramite manovre di rianimazione.

 

Per garantire il successo di questo tipo di donazione, sono indispensabili procedure avanzate e una coordinazione precisa tra i professionisti coinvolti. La donazione a cuore fermo richiede infatti una stretta collaborazione tra medici, infermieri e tecnici, tutti altamente qualificati, per gestire ogni fase nel rispetto di protocolli rigorosi. Questo livello di preparazione e lavoro di squadra contribuisce a salvare vite e a rendere possibile la donazione di organi in un momento delicato come quello della morte cardiaca.



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