La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una donna di Marcianise, che aveva chiesto il risarcimento dei danni per presunta responsabilità professionale contro i suoi legali. Il caso si era originato da un incidente stradale avvenuto diversi anni fa e da presunti errori procedurali compiuti nella riassunzione di una causa legale collegata.
I fatti del caso
La controversia aveva preso avvio dall’incidente stradale in cui la signora era rimasta ferita come passeggera. La vittima aveva promosso una causa per risarcimento danni contro il conducente del veicolo e la compagnia assicurativa. Tuttavia, il procedimento si era interrotto a seguito della liquidazione coatta amministrativa della Lloyd Nazionale (successore della compagnia assicurativa iniziale).
Gli avvocati difensori avevano riassunto la causa, ma con un errore nella notifica verso una delle parti coinvolte. Il Tribunale di Latina aveva quindi dichiarato estinta la causa, decisione che era passata in giudicato. Quindi la donna, ritenendo responsabili i suoi legali per la perdita del risarcimento, aveva avviato un procedimento per responsabilità professionale.
Le decisioni giudiziarie precedenti
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva accolto la domanda condannando gli avvocati al risarcimento di 91.702 euro. Tuttavia, la Corte d’Appello di Napoli aveva ribaltato la sentenza, ritenendo che l’errore fosse dovuto a un’interpretazione giurisprudenziale controversa, risolta solo successivamente da una sentenza delle Sezioni Unite. La Corte d’Appello aveva stabilito che la mancata impugnazione della decisione di estinzione era stata una scelta della donna e non conseguenza diretta della condotta degli avvocati, escludendo così la loro responsabilità.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione ha confermato l’analisi della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno ribadito che in materia di responsabilità professionale degli avvocati, la valutazione deve essere condotta ex ante, considerando il contesto giurisprudenziale e le possibilità realistiche di successo. Secondo la Corte, l’errore commesso nella notifica non era sufficiente per configurare una colpa grave, poiché si inseriva in un quadro giuridico incerto. Inoltre, la donna non aveva prodotto elementi sufficienti a dimostrare che l’estinzione del processo fosse imputabile esclusivamente alla condotta dei legali. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali, pari a 4.700 euro per ciascun controricorso, oltre agli accessori di legge.
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