Poco più di due anni fa, in pochi ritenevano possibile che i tassi di inflazione a due cifre potessero calare nel giro di pochi anni senza danni collaterali significativi per l’economia. Ma questo scenario sembra ancora possibile. Nonostante i tassi di inflazione di fondo, che escludono i prezzi volatili dell’energia e dei generi alimentari, siano già scesi sotto il 3% nell’eurozona e negli USA (misurati dall’indice dei prezzi PCE), ci sono ancora pochi segnali di una recessione evidente in entrambe le aree valutarie.
Canada: proprietari di casa sempre più sotto pressione
Da giugno, la Bank of Canada ha tagliato i tassi di interesse quattro volte per un totale di 1,25 punti percentuali, con il tasso di interesse di riferimento recentemente sceso al 3,75%, raggiungendo il suo obiettivo di inflazione (1/3%). Uno dei motivi per cui i banchieri centrali canadesi stanno prendendo in considerazione ulteriori tagli dei tassi d’interesse è l’Interest Act, secondo cui un mutuatario che sottoscrive un’ipoteca di durata superiore a cinque anni ha il diritto di rimborsare integralmente il prestito dopo cinque anni, con una penale massima di tre mesi di interessi. Ciò significa che le banche canadesi si assumono il rischio di una bassa penale di rimborso anticipato per i mutui immobiliari a lungo termine, sui cui applicano di conseguenza tassi più elevati. Di conseguenza, il mercato ipotecario canadese è dominato dai mutui quinquennali. Nell’aprile 2021, ad esempio, i mutui decennali in Canada erano disponibili al 3,14%, mentre quelli quinquennali al 2,29%. Quel mese circa 80.000 mutuatari hanno scelto il tasso quinquennale, mentre solo 400 hanno scelto un mutuo decennale.
In questo contesto, di recente in Canada si è parlato molto del cosiddetto “muro del rinnovo dei mutui”. Oltre quattro milioni di mutui (il 60% di quelli in essere) dovranno essere rinnovati nei prossimi due anni. Una buona parte di questi non è stata rinnovata da quando i tassi di interesse hanno iniziato a salire nel 2022, quindi la maggior parte di questi mutuatari dovrà probabilmente affrontare un aumento significativo delle rate. Quest’onere può avere un notevole impatto negativo sulla domanda aggregata e quindi rappresenta un rischio negativo per l’inflazione. È perciò plausibile ipotizzare che i banchieri centrali canadesi cercheranno di ridurre ulteriormente i tassi d’interesse.
USA: Calano i timori per l’inflazione
Negli Stati Uniti, gli effetti dei tassi di interesse sui prestiti ipotecari esistenti sono meno rilevanti. Alla fine del primo semestre del 2024, quasi 29 milioni di famiglie statunitensi beneficiavano ancora di tassi di interesse sui mutui casa intorno al 4%. Negli ultimi mesi, invece, negli Stati Uniti il tasso di interesse per un nuovo mutuo trentennale si è attestato al 6-7%. Pertanto, i mutui immobiliari esistenti non sono il fattore dominante per i banchieri centrali statunitensi.
Ma quali sono allora i fattori che attualmente occupano la Fed? Da un lato, ci sono gli sviluppi del mercato del lavoro, la cui continua tenuta è un fattore positivo. Dopo essere salito al 4,3% nel luglio 2024, il tasso di disoccupazione statunitense si è stabilizzato nei mesi successivi al 4%. Per preservare questa stabilità, è necessario che il vento contrario rappresentato dai tassi di interesse continui ad attenuarsi il più possibile. Proprio in questa direzione, la Fed ha recentemente effettuato il secondo taglio consecutivo dei tassi, portando il tasso sui federal funds a un nuovo intervallo compreso tra il 4,5 e il 4,75%.
Tuttavia, la misura in cui i tassi di interesse potranno essere ridotti nei prossimi trimestri dipende anche dall’andamento dell’inflazione. A questo proposito, diversi aspetti lasciano presagire un certo ottimismo. Ad esempio, secondo la Fed, la disponibilità di manodopera è gradualmente migliorata, il che suggerisce che l’inflazione salariale continuerà a raffreddarsi. Di recente, le retribuzioni orarie medie negli Stati Uniti sono aumentate di circa il 4% e sono ancora leggermente elevate rispetto agli standard di politica monetaria. La Fed ritiene che una crescita salariale compresa tra il 3 e il 3,5% sia coerente con l’attuale obiettivo di inflazione. Anche il fatto che la pressione sui prezzi degli alloggi dovrebbe continuare a normalizzarsi nei prossimi mesi sta avendo un effetto positivo: i costi degli alloggi sono aumentati di circa il 5% nel terzo trimestre del 2024, mentre il tasso di inflazione per i nuovi affitti (principali) è stato solo dell’1%.
Eurozona: poca crescita, molta strada da fare
Nell’Eurozona, il rischio percepito di pressioni al rialzo sull’inflazione è molto più basso che negli Stati Uniti. Le ultime proiezioni del FMI ipotizzano una crescita reale di appena lo 0,8% nell’eurozona quest’anno, che potrebbe accelerare solo lentamente fino all’1,2% nel prossimo anno. Il FMI è invece molto più ottimista per quanto riguarda gli Stati Uniti, con stime del 2,8% e del 2,2% rispettivamente per quest’anno e per il prossimo.
Sebbene le fosche prospettive di crescita nell’Eurozona facciano presagire un ulteriore indebolimento della pressione inflazionistica, vi sono ancora alcune incognite per l’ulteriore percorso dei tassi di interesse. Da un lato, l’inflazione dei servizi nell’ottobre 2024 è rimasta a un livello significativamente elevato del 3,9%, per cui la pressione inflazionistica di fondo non si è ancora del tutto dissipata. Dopo tre tagli dei tassi di interesse, c’è anche un’altra preoccupazione. Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio direttivo della BCE, è stato sostenuto che più i tassi di interesse si avvicinano all’“area neutrale”, la politica monetaria stessa potrebbe diventare un fattore che rallenta il ritmo del processo di disinflazione.
Conclusione: non esiste una ricetta universale
Che si tratti dell’Eurozona, del Canada o degli Stati Uniti, i tassi di inflazione stanno scendendo in numerose economie dopo aver raggiunto i massimi storici, ma ogni area valutaria presenta caratteristiche uniche. In Canada, le famiglie sono generalmente colpite dalle variazioni dei tassi d’interesse molto più rapidamente rispetto alle famiglie statunitensi, a causa dei mutui a breve termine per la casa. Nell’Eurozona, l’indebolimento della crescita tende a suggerire un indebolimento più pronunciato dell’inflazione salariale rispetto agli Stati Uniti. Esistono numerose altre differenze, ad esempio per quanto riguarda gli sviluppi demografici, che suggeriscono un notevole calo dell’offerta di lavoro nell’eurozona nei prossimi dieci anni, mentre è probabile che aumenti leggermente negli Stati Uniti.
Dal punto di vista della politica monetaria, la complessità di ogni singola area valutaria richiede quindi un’analisi approfondita delle rispettive condizioni. E poiché i fattori che determinano l’inflazione nelle singole aree valutarie differiscono talvolta in modo significativo, una conclusione è quasi ovvia: non può esistere una ricetta universale per la “giusta” politica monetaria.
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