Fine pena mai. Ancora. Nessuno sconto è stato concesso al calolziese Mirto Milani e a Paola e Silvia Zani, ovvero i tre autori del delitto Ziliani, il brutale omicidio dell’ex vigilessa di Temù Laura Ziliani sparita di casa l’8 maggio del 2021 e ritrovata senza vita solo tre mesi più tardi. I tre avevano imbottito la donna di farmaci, poi l’avevano soffocata infine avevano abbandonato il cadavere in un bosco, sulle sponde del fiume Oglio. Per i tre, già condannati in primo grado all’ergastolo oggi, venerdì 22 novembre 2024, i giudici della Corte d’Assise d’appello di Brescia hanno confermato il massimo della pena.
Omicidio Ziliani: confermato l’ergastolo per Mirto Milani e le sorelle Zani
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I magistrati, “ribadendo” l’ergastolo, hanno di fatto accolto le richieste presentate sua dalla Procura che dalle parti civili. La decisione è arrivata dopo circa due ore di camera di consiglio e i tre imputati, ribattezzati membri del trio diabolico o criminale, hanno assistito dall’aula alla lettura del dispositivo.
Sono bastate quindi due udienze del processo d’Appello per chiarire, se ancora ce ne fosse bisogno, che il tenore cresciuto tra Calolzio e Olginate e le due sorelle, figlie della vittima, hanno agito con lucidità, consapevolezza e crudeltà.
A nulla sono valsi i tentativi di Maria Pia Longaretti e Michele Cesari, difensori delle sue sorelle Zani (l’una fidanzata e l’altra, a detta dei tre, amante di Mirto Milani) di chiedere un nuovi dibattimento per valutare ulteriormente i ruoli all’interno del gruppo.
E nemmeno è servito il tentativo di Simona Prestipino, legale di Milani, di alleggerire la posizione del suo assistito che, a suo dire avrebbe tentato di far desistere le due sorelle dal commettere l’omicidio.
I giudici invece hanno spostato la linea dell’Avvocato generale di Brescia Domenico Chiaro secondo il quale l’omicidio è stato non solo premeditato ma anche portato a compimento con atrocità. Circostanze queste che meritano il massimo della pena. E così è stato. Secondo la Corte d’Assise di Brescia, Milani e le sorelle Zani non uccisero la vittima semplicemente per soldi o per odio, ma per “gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la coesione” dei suoi componenti.
Sulla decisione dei giudici per altro non ha minimamente pesato in alcun modo la richiesta di Mirto Milani di accedere alla giustizia riparativa ovvero all’opzione prevista dalla legge Cartabia, che prevede per l’imputato la possibilità di ricostruire i rapporti con le parti lese e la comunità, a cui gli ermellini avevano dato il via libera nella precedente udienza. La madre e i due fratelli della vittima, però, avevano già fatto intendere di non essere disposti a incontrarlo.
A domandare la giustizia riparativa è stata anche Silvia Zani, la maggiore delle figlie della Ziliani, chiedendo inoltre di poter vendere gli immobili intestati alla madre uccisa, per poter sostenere economicamente la terza sorella disabile. Anche in questo caso, i giudici avevano concesso l’opzione e anche in questo caso non ha influito sulla conferma della pena.
Le motivazioni della nuova sentenza saranno pubblicate entro novanta giorni.
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