Il ministro per lo Sport Andrea Abodi arriva al Lingotto di Torino di buon mattino, intorno alle 9, per immergersi in un paio di ore dedicate allo sport certo, ma soprattutto alle infrastrutture, agli impianti che servono per far decollare questo settore del nostro Paese. E, inevitabilmente, si parla di Euro 2032 e di stadi. Dove Napoli è fortemente indietro. Con il concreto rischio di non avere la vetrina della kermesse continentale del calcio.
Cinque su dieci le sedi che toccano all’Italia l’altra metà vanno alla Turchia che con l’Italia è organizzatrice dell’evento. In Italia le candidate sono 10 ma di fatto tre sono già assegnate. «Il tavolo di lavoro a Palazzo Chigi sugli stadi è permanente non chiude mai. Stiamo lavorando su nove opzioni considerato che Roma, Milano e Torino già sono dentro anche se le prime due hanno ancora bisogno di predisporsi meglio». Quindi il passaggio su Napoli la mancata presentazione del progetto per il Maradona di Patron Aurelio De Laurentiis e sostanzialmente il muro che c’è con il Comune l’ente al quale la Società azzurra deve presentare il progetto.
La struttura di Fuorigrotta è di proprietà di Palazzo San Giacomo. «Ci sono altre 2 città per nove posti – ribadisce il ministro Abodi – questa competizione tra le città è marcata sapendo che dobbiamo cercare di distribuire anche a livello territoriale le sedi che ospiteranno l’Europeo. Almeno una sede andrà al sud. Napoli deve competere sulle cose e sul tempo. E di tempo a disposizione ce ne è davvero poco» spiega il ministro che elenca lo stato dell’arte del tavolo. «Siamo rimasti indietro rispetto al resto dell’Europa e del mondo, siamo convinti che sia arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti. Abbiamo già iniziato con Empoli, Bologna, Firenze, Cagliari e Parma, proseguiremo con Verona, Genova, Napoli, Palermo e Milano non solo per arrivare competitivi alla selezione degli stadi per Euro 2032, ma per migliorare l’offerta sportiva dedicata al pubblico». Parole che il ministro ha ribadito in Senato su una interrogazione specifica. «Abbiamo già iniziato un confronto con le amministrazioni comunali e con i club per dare un calendario e ammodernare il patrimonio immobiliare che è rappresentato dagli stadi, per i quali l’evoluzione è uno strumento di riqualificazione e rigenerazione caratterizzato dall’intelligenza tecnologica, dall’accessibilità e dalla funzionalità. Il nostro gruppo di lavoro permanente ha come obiettivo quello di elaborare un portafoglio di opportunità finanziarie che prevedano agevolazioni e propongano semplificazioni ulteriori che ci riproponiamo di inserire in una legge delega semplificando l’iter amministrativo».
Pronta una nuova legge sugli stadi che magari smuoverà De Laurentiis, ma è tutto da vedere. A oggi il patron sta facendo balenare l’ipotesi di costruire – per l’ennesima volta – uno stadio tutto suo nell’area est. Quasi in risposta al Palazzetto dello sport che sorgerà al Centro direzionale. Con la non trascurabile differenza che se i lavori per il Palazzetto sono prossimi all’inizio lo si deve alla famiglia Grassi che ha messo sul tavolo un project financing e oltre 50 milioni. A Palazzo San Giacomo aspettano la mossa del Patron. E fanno filtrare che nell’area del Centro direzionale non c’è posto per costruire uno stadio di calcio. Mentre sul Maradona la porta del sindaco – trapela dal Municipio – è sempre aperta.
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