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Apple Pay e Google Pay saranno vere banche? #finsubito prestito immediato


Le principali app di pagamento, un tempo usate solo nelle spese online, oggi gestiscono oltre 13 miliardi di transazioni annue. Per questo l’ente federale americano a tutela dei correntisti intende sottoporre Apple Pay, Google Pay e PayPal alla medesima vigilanza cui sono soggetti gli istituti bancari

Negli States le Big Tech non sono mai state così guardinghe. Sanno infatti che con Donald Trump nuovamente alla Casa bianca molte cose potrebbero presto cambiare. Ma nel frattempo a franare sotto i loro piedi è il quadro regolatorio. Tra le istanze di spezzatino rivolte ad Alphabet e il possibile mutamento delle regole del Consumer Financial Protection Bureau, cioè l’agenzia statunitense che si occupa di vigilare sulle banche per tutelare consumatori e correntisti, si va verso veri e propri stravolgimenti dell’attuale assetto.

VIA APP ALMENO 13 MILIARDI DI TRANSIZIONI ANNUE

L’ente federale ha aggiornato il proprio pacchetto di norme al fine di ricomprendere nel proprio ambito di sorveglianza le numerose piattaforme nate in questi anni per gestire le transazioni online.

Inizialmente create per offrire una alternativa alla via bancaria a coloro che facevano spese online, hanno presto preso piede anche negli altri ambiti fino ad arrivare a gestire, secondo le stime della stessa Autorità, complessivamente oltre 13 miliardi di transazioni all’anno: troppe per non essere assimilate agli istituti bancari.

NUOVE REGOLE PER APPLE PAY, GOOGLE PAY, PAYPAL E GLI ALTRI?

Anche perché di fatto il mercato al momento è strettamente nelle mani di appena tre concorrenti: PayPal, Apple Pay e Google Pay.  L’autorità guidata da Rohit Chopra si arroga così il diritto di condurre esami proattivi su queste piattaforme, equiparandole, in termini di controllo, a istituti e unioni bancarie di grandi dimensioni.

“Mentre le banche e le cooperative di credito che offrono servizi di pagamento ai consumatori sono soggette agli esami di vigilanza del Consumer Financial Protection Bureau – si legge sulla comunicazione ufficiale dell’ente federale -, molte di queste grandi aziende tecnologiche che gestiscono miliardi di transazioni non lo sono. Il Consumer Financial Protection Bureau ha osservato da vicino gli sviluppi di questo mercato emergente, anche monitorando i reclami dei consumatori e avviando un’indagine sulle piattaforme Big Tech e peer-to-peer che offrono popolari applicazioni di pagamento”.

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IL COMPROMESSO SALVA STARTUP

Si tratta di una mossa che certo infastidirà le Big Tech ma è anche una soluzione di compromesso virata al ribasso dato che, inizialmente, il Consumer Financial Protection Bureau intendeva mettere sotto la lente tutte le realtà che gestivano almeno 5 milioni di transazioni annue.  Era però stato fatto notare che così facendo si sarebbero penalizzate le startup fintech, realtà arrembanti dallo scarso capitale che si sarebbero di colpo trovate equiparate ai più noti istituti di credito degli States, dunque il limite nel testo finale del provvedimento è stato innalzato alla soglia delle 50 milioni di transazioni.



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