La Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito un importante provvedimento di confisca su beni per un valore complessivo di 2,15 milioni di euro a carico di una badante accusata di autoriciclaggio. Il provvedimento è stato emesso dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Palermo, a seguito della condanna definitiva della donna, la quale è stata però prosciolta dall’accusa di circonvenzione di incapace per intervenuta prescrizione.
Nonostante ciò, le indagini hanno confermato la solidità dei fatti che avrebbero portato alla «spoliazione patrimoniale» dell’imprenditore italo-americano e del figlio disabile, erede universale dei beni familiari.
Cosa è successo
La vicenda ha inizio nel 2014, quando l’imprenditore, originario della Sicilia e titolare di una catena di lavanderie negli Stati Uniti, muore dopo essere rientrato in Italia con il figlio, affetto da una grave patologia. A seguito di un testamento, l’uomo aveva incaricato la badante di occuparsi del figlio per tutta la vita e le aveva lasciato in eredità ben 31 cespiti immobiliari tra terreni e appartamenti situati nell’entroterra palermitano, per alcuni dei quali era stato concesso l’usufrutto al figlio disabile finché fosse rimasto in vita. A quest’ultimo, inoltre, erano state lasciate polizze assicurative del valore di oltre 2 milioni di euro.
Tuttavia, subito dopo la morte del padre, le indagini hanno rivelato come la badante avesse approfittato della sua posizione per impadronirsi dei beni e delle polizze assicurative. La donna, infatti, si sarebbe fatta intestare dal figlio del defunto, incapace di attribuire valore ai beni a causa della sua disabilità, i diritti su diverse polizze assicurative, trasferendo successivamente l’importo su conti correnti personali.
Le indagini hanno inoltre rivelato che la badante, consapevole di essere sotto indagine, aveva tentato di preparare il giovane a giustificare le sue azioni davanti agli inquirenti, con l’intento di far sembrare le sue donazioni come scelte coscienti e volontarie, un tentativo di manipolazione che è stato ampiamente documentato da intercettazioni telefoniche e ambientali.
Le operazioni bancarie svolte successivamente alla morte dell’imprenditore hanno permesso di ricostruire la dinamica dei trasferimenti illeciti. La badante, con l’aiuto di un figlio convivente, ha creato una società in Ungheria, dove ha reimpiegato i fondi sottratti, per poi trasferirli successivamente in Paesi extracomunitari, in un tentativo di occultarne la provenienza e renderne difficoltoso il rintraccio.
A seguito di queste scoperte, la Guardia di Finanza ha disposto la confisca per equivalente dei profitti derivanti dal reato. Il provvedimento di confisca riguarda non solo le disponibilità liquide e i conti correnti bancari della badante e dei suoi familiari, ma anche i numerosi beni immobili intestati a lei e al suo nucleo familiare, alcuni dei quali erano stati trasferiti proprio in occasione delle operazioni fraudolente. Le indagini hanno dimostrato come la donna avesse agito in modo sistematico per ottenere vantaggi economici indebiti, approfittando della vulnerabilità del figlio dell’imprenditore e sfruttando la sua condizione di incapace di comprendere pienamente le implicazioni delle sue azioni.
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