Il blitz della polizia nel locale notturno con dentro i clienti aveva permesso di scoprire il giro di prostituzione e spaccio di droga
Era la notte del 28 settembre quando al Lady Godiva, noto night club di Rimini che si affaccia su Piazzale Fellini, nel cuore di Marina Centro, alle quattro del mattino, decine di agenti della Polizia di Stato, dopo un appostamento durato tre ore, facevano irruzione all’interno dei locali.
Era l’ora di punta per un night, quella di massima affluenza: nelle stanze i poliziotti trovarono una trentina di ragazze e una cinquantina di clienti quasi tutti arrivati da fuori provincia. Era il culmine delle indagini condotte dalla Procura di Rimini (il pm è Davide Ercolani) nell’ambito dell’inchiesta «Privè»: quella notte emerse che ciò che gli inquirenti sospettavano da tempo non erano solo ipotesi.
Nel night le ragazze si prostituivano e girava anche molta droga. Succedeva sotto il celebre Grand Hotel, che però è una struttura separata, dove gestori, dipendenti e turisti dormivano sonni tranquilli, all’oscuro di quel che accadeva ai piani bassi. Furono notificate 19 misure cautelari, e a distanza di sei anni in queste settimane dal Tribunale sono arrivati i primi provvedimenti.
Premessa. Il copione era di quelli ben rodati. Secondo le accuse, i titolari del locale e il gestore organizzavano gli incontri con i clienti. Le ragazze si prostituivano e una cospicua parte dei loro guadagni finiva direttamente nelle tasche dei «vertici». Un vero e proprio sfruttamento con le giovani donne che venivano addirittura istruite a offrire certe prestazioni piuttosto che altre su come e quando riscuotere il pagamento. Le prestazioni sessuali avvenivano principalmente nelle salette private del club, ma in alcuni casi anche in camere di hotel di lusso.
A finire nei guai sono stati in tanti: c’è Rodolfo Luciani, socio del night, che ha 78 anni ed è residente a Riccione. «Procacciava» le ragazze da sfruttare. Il tribunale, con il giudice Raffaele Deflorio, lo ha condannato a due anni e otto mesi e a 3000 euro di multa con l’accusa di sfruttamento della prostituzione.
Poi sono fioccati i patteggiamenti, tutti ratificati dal giudice. C’è uno dei gestori del locale, 42enne e originario di Faenza, che ha patteggiato 3 anni. A patteggiare – 1 anno e dieci mesi di reclusione – è stato anche Adriano Succi, 61enne, incaricato del controllo delle prestazioni sessuali.
C’è infine anche Filippo Catrani, ex socio e legale rappresentante. Ha patteggiato 3 anni e tre mesi di reclusione oltre 2000 euro di multa. Catrani, rampollo di una nota famiglia della «Rimini bene» è stato rinviato a giudizio con l’accusa di maltrattamenti nell’ambito di un ‘altra inchiesta: avrebbe massacrato a pugni e ferito addirittura con un coccio di vetro scagliato al volto la sua ex fidanzata 32enne.
E a furia di colpirla le avrebbe rotto persino il perone e la tibia. Tornando all’inchiesta «Privè», per altri svariati indagati, la Procura ha richiesto il rinvio a giudizio, con accuse che includono, oltre al favoreggiamento della prostituzione, anche la detenzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti e in un caso anche rapina, ai danni di un avvocato a cui era stato sottratto un orologio d’oro.
Nel locale invece, i clienti erano soliti pagare cinquanta euro a prestazione. E i patti erano chiari: 30 euro finivano nelle casse del locale e venti in quelle delle ragazze.
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