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Affitti brevi e lucchetti, come possono difendersi cittadini e condomini (in attesa di un regolamento nazionale) #finsubito finanziamenti e gestione bed & breakfast


Lucchettoni rotti, oppure “imbavagliati” da adesivi di protesta. Manifestazioni in tutte le città d’Italia, volantini anti “Giubileo dei ricchi” a Roma: si moltiplicano nel nostro paese le proteste delle associazioni e dei collettivi per il diritto all’abitare, contro il proliferare indiscriminato degli affitti brevi.

Ma i singoli cittadini, i condomini di palazzi invasi da b&b, cosa possono fare? Lo abbiamo chiesto a Maria Luisa Mirabile, portavoce del GRoRAB, Gruppo Romano Regolamentazione Affitti Brevi (sito ricco di materiali e documenti). “Non molto purtroppo si può fare. Tuttavia”, spiega l’esperta, “vorrei ricordare che da gennaio c’è l’obbligo per chi chiunque eserciti questa attività di dotarsi e di affiggere il CIN, Codice Identificativo Nazionale, un codice necessario che serve per poter operare secondo norma e che dovrebbe far sì che tutti i proprietari paghino le tasse in base alle norme (21% per 1 appartamento; al 26% dal secondo al quarto; con partita Iva per le attività più numerose e con caratteristiche continuative e con impiego di mezzi). E poi, sempre da gennaio, è obbligatoria l’installazione dei dispositivi per la sicurezza antincendio e rilevazione del gas”.

Condominio, poche le possibilità di contrasto

A livello condominiale, invece, non è possibile fare nulla per vietare il crescere dei b&b nel proprio palazzo? “Si può verificare se nel regolamento di condominio è previsto un divieto di aprire una attività di questo tipo e, se sì, ci si può avvalere di quel divieto”, risponde Mirabile. “Il problema, però, è che si tratta di una eventualità rara. Il fenomeno degli affitti brevi è recente, mentre i regolamenti di condominio (soprattutto nelle aree centrali e semicentrali della città) sono vecchi di decenni, e al massimo prevedono il divieto per affittacamere, o studi professionali, palestre, o altre attività già esistenti all’epoca. Non solo. Il regolamento regionale che norma queste attività per il Lazio prevede (così come, analogamente, nelle altre regioni) varie tipologie di affitto breve a scopo turistico (b&b, affittacamere, case vacanza, guest house, alloggi ad uso turistico etc); perciò, se si intenta una azione contro il titolare di un affitto breve che ha, magari, un b&b appellandosi d un regolamento di condominio che vieta l’attività di affittacamere si perde la causa, perché la fattispecie è diversa”. E si può fare qualcosa per modificare in tal senso un regolamento condominiale? “I margini sono praticamente inesistenti. Per farlo occorrerebbe l’unanimità dei condomini, ed è evidente che la presenza di chi vuole affittare rende un simile proponimento praticamente irrealizzabile”.

La piaga dei lucchettoni

Ma almeno sui famosi “lucchettoni” si può agire? Sono o non sono illegali? “I lucchettoni possono essere segnalati”, spiega l’esperta, “perché la loro presenza fa supporre che il check-in non verrà fatto secondo norma. Non è vero, infatti, che su questo fronte c’è un vuoto normativo, come talvolta si sente dire. L’articolo 109 del TULPS – Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza prevede due tipi di obblighi sia a chi dà ospitalità sia come albergatore, sia come locatario di affitto breve: comunicare entro 24 ore l’identità e il numero di ospiti alla questura; e questo si può fare anche con check-in da remoto. Ma la norma prevede anche l’obbligo di dare alloggio esclusivamente a persone munite di documento idoneo, comprensivo di fotografia, atto proprio a verificare l’identità dell’ospite. È evidente quindi che se il controllo viene esercitato da remoto non si verifica l’identità di chi entra, perché non c’è nessuno a controllare le foto. Si tratta di una legge antiterrorismo, la norma italiana dice questo”.

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Cosa fanno le città

In termini di salvaguardia degli equilibri urbani, in città che vanno spopolandosi, non resta allora che aspettare le normative dei Comuni, in assenza di una regolamentazione nazionale che per ora manca. Quali città hanno già agito? “Firenze è il caso più noto, in cui c’è stata la delibera della fine del 2023”, spiega la portavoce, “in cui il sindaco è intervenuto dicendo che all’interno della zona Unesco non sarebbe stato più possibile attivare nuovi esercizi e intervenendo anche sul piano regolatore, proprio per poter distinguere le locazioni destinate ai residenti da quelle pur residenziali, ma destinate al turismo. Questo ha prodotto vari tipi di effetti: anzitutto, ci sono stati ricorsi al Tar da parte degli imprenditori del settore; quindi c’è stato il blocco della delibera da parte del Tar toscano, che però ha sottolineato che era la procedura a essere era sbagliata, non valutando negativamente la natura del provvedimento e producendo un’obiezione di tipo giuridico-amministrativo. La sindaca Funaro ora la sta rielaborando e correggendo gli errori perché la delibera torni ad essere operativa, e ora vorrebbe estendere il divieto non solo al centro ma a tutta la zona A, oltre il sito Unesco. Questo perché l’effetto annuncio del primo divieto ha fatto sì che si determinasse un picco con moltissimi proprietari di immobili che hanno presentato nuove richieste. Oltre Firenze, c’è Bologna, dove al riguardo è particolarmente attiva la vicesindaca Clancy e dove si sta modificando il piano regolatore per introdurre direttamente lì un divieto agli affitti brevi.

Infine Roma, in cui gli affitti brevi sono per la metà in Centro storico, ma dove il fenomeno si sta estendendo a dismisura anche nella Città storica e in quella “consolidata” (quelle zone di Roma fino a poco tempo fa considerate semi-periferiche). “A Roma in questi giorni si sta discutendo proprio della modifica delle NTA (Note tecniche di attuazione, ndr) del Piano regolatore e sembra che la maggioranza abbia raggiunto un accordo sull’introdurre all’interno della macrocategoria urbanistica ‘residenziale’ una duplice destinazione d’uso per tutta la città: il ‘residenziale puro’ e ‘residenziale-ricettivo’. Su questa base l’Assemblea potrebbe deliberare con atto specifico entro quattro/sei mesi per un Regolamento capitolino degli affitti brevi. È una strada più soppesata rispetto a quella adottata da Firenze, e dovrebbe limitare i ricorsi al Tar. Ma ancora non è stato deciso nulla di definitivo, anche se speriamo che si vada verso l’orientamento da noi auspicato”.



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