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Agevolazione Prima Casa: lavori in tre anni o il beneficio decade #finsubito prestito immediato


La Corte Tributaria della Campania ha confermato che il termine triennale per ultimare i lavori sugli immobili in costruzione, richiesto per le agevolazioni “prima casa”, non rientra nelle sospensioni normative della pandemia.

L’acquisto della prima casa è un passo cruciale per molte famiglie italiane, reso più accessibile grazie a significative agevolazioni fiscali. Tuttavia, la fruizione di questi benefici è strettamente legata al rispetto di determinate condizioni, tra cui il completamento dei lavori per immobili in costruzione entro tre anni dalla registrazione dell’atto.

Una recente sentenza ha fatto chiarezza sull’impossibilità di applicare le sospensioni introdotte durante la pandemia a questo specifico termine.

Come influiscono queste regole sui contribuenti? E quali sono le implicazioni legali?

Leggi anche: Agevolazioni prima casa 2024: cosa sono, chi ne ha diritto, come si applicano e come richiederle

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Il caso: i fatti contestati

La vicenda riguarda una contribuente che aveva acquistato un immobile in corso di costruzione il 29 aprile 2019, beneficiando delle agevolazioni fiscali “prima casa”. Per mantenere il beneficio, era necessario completare i lavori di costruzione entro tre anni dalla registrazione dell’atto. Tuttavia, l’immobile non era stato ultimato entro il termine previsto, e l’Agenzia delle Entrate aveva emesso due avvisi di liquidazione per il recupero delle imposte ordinarie.

La contribuente aveva contestato tali avvisi, sostenendo che le difficoltà operative causate dalla pandemia da Covid-19 avessero giustificato il ritardo e che le normative emergenziali, introdotte nel 2020, avrebbero sospeso anche il termine per il completamento dei lavori.

In particolare, l’appellante riteneva che il termine triennale fosse stato prorogato in virtù delle disposizioni del Decreto Legge n. 23/2020, che aveva previsto la sospensione di alcune scadenze legate all’agevolazione “prima casa”.

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La sentenza della Corte Tributaria della Campania

Con la sentenza n. 2228/2024, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania ha rigettato le argomentazioni della contribuente, confermando la legittimità degli avvisi di liquidazione emessi dall’Agenzia delle Entrate.

La Corte ha stabilito che il termine di tre anni per l’ultimazione dei lavori sugli immobili in costruzione, previsto per mantenere l’agevolazione “prima casa”, non rientra tra quelli sospesi dall’articolo 24 del Decreto Legge n. 23/2020.

Il collegio giudicante ha ribadito che la normativa emergenziale era applicabile solo ad alcuni termini specifici, come il trasferimento della residenza o l’acquisto di una nuova abitazione entro un anno dalla vendita di un immobile precedentemente agevolato. Per contro, il termine relativo alla conclusione dei lavori di costruzione non era contemplato dalla norma, come già chiarito dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate (n. 9/E del 2020 e n. 8/E del 2022).

La Corte ha inoltre sottolineato che le norme agevolative, essendo di carattere eccezionale, devono essere interpretate in maniera restrittiva e non possono essere estese a ipotesi non espressamente previste.

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Questo pronunciamento si inserisce in un contesto giurisprudenziale consolidato, che vede altre sentenze confermare l’assenza di una proroga del termine triennale per il completamento dei lavori, anche durante la pandemia.

Leggi anche: Come evitare la decadenza delle agevolazioni prima casa con un nuovo acquisto

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Le ragioni della decisione della Corte Tributaria

La Corte Tributaria della Campania ha motivato la propria decisione basandosi sul principio secondo cui le norme di carattere agevolativo devono essere applicate con stretta osservanza del loro ambito di applicazione.

In particolare, l’articolo 24 del Decreto Legge n. 23/2020, emanato durante l’emergenza pandemica, stabiliva la sospensione di alcuni termini relativi ai benefici “prima casa”, ma non includeva il termine triennale per il completamento dei lavori di costruzione. Questo è stato confermato sia dalla Relazione Illustrativa alla norma, che specificava l’ambito di applicazione della sospensione, sia dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate che ne delimitavano il significato.

La Corte ha inoltre evidenziato che il legislatore, pur avendo la possibilità di intervenire in modo più ampio durante la pandemia, aveva scelto di non estendere la sospensione al termine triennale, ritenendo tale previsione non essenziale per far fronte alle difficoltà straordinarie del periodo.

A rafforzare questa posizione è intervenuta anche la giurisprudenza consolidata, che ha ribadito come norme straordinarie non possano essere applicate a casi non espressamente previsti dal legislatore. La Corte ha quindi applicato un’interpretazione strettamente aderente al testo normativo e alle indicazioni già fornite dall’Agenzia delle Entrate.

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