Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 26 del 23 novembre 2024
di Stefania Peveraro
Sarà pronta a passare di mano a metà 2025 Gpack, la società specializzata in packaging di lusso, controllata da Oxy Capital dal 2021 a valle di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis della vecchia Legge Fallimentare (si veda altro articolo di BeBeez) e tornata in bonis lo scorso ottobre, prima del tempo, grazie a un’operazione strutturata con illimity Bank, che ha erogato un finanziamento di 23 milioni di euro, oltre a confermare la linea di factoring da 15 milioni, andando così a rifinanziare l’intero indebitamento esistente e ottenendo un’adeguata copertura finanziaria alla crescita prevista per i prossimi anni (si veda altro articolo di BeBeez). Lo hanno annunciato Federico Scaravelli, vice president di Oxy Capital, e Mario Vanoni, Chief Business Officer di GPack, intervenendo alla tavola rotonda illimity meet, organizzata da BeBeez per illimity lo scorso 20 novembre a Milano, per discutere di Rilancio e crescita: opportunità di finanza strutturata per le PMI (scarica qui il video e qui le slide di presentazione).
Clicca qui sopra per vedere il video della tavola rotonda illimity meet
Se il business ha un suo perché, allora si è a metà dell’opera.
Proprio il caso GPack è stato utilizzato come esempio pratico per spiegare come una collaborazione proficua tra una banca disposta a dare finanza anche a un’azienda in difficoltà, un investitore specializzato in turnaround aziendali e un gruppo di manager opportunamente motivati possa portare a risultati di successo in tempi relativamente brevi.
Umberto Paolo Moretti, Head of turnaround&special situations illimity, ha spiegato che “la base di partenza di ogni ragionamento, quando dobbiamo decidere le finanziare o meno un’azienda in difficoltà, è essere convinti della solidità del business dal punto di vista industriale. Ci dobbiamo convincere che quell’azienda può avere un futuro di crescita e una marginalità interessante“. Ma questo ovviamente è solo un primo screening, non è ancora business due diligence perché, a continuato Moretti, “è un’analisi velocissima, dopo che l’opportunità ci viene segnalata da un advisor”.
E infatti, ha proseguito Moretti, “quando abbiamo deciso di finanziare GPack, è stato difficile. Non avevamo informazioni e i manager di una società in crisi non hanno tempo, sono tutti concentrati sull’obiettivo di salvare il business e non riescono a produrre le informazioni per che sarebbero necessarie alla banca o al potenziale investitore. E’ comprensibile. Quindi noi abbiamo dovuto ragionare sulla base di quei pochi elementi che siamo riusciti a reperire. In ogni caso ci sono bastati per formarci una view positiva sulla società: c’era un business che poteva essere rilanciato e crescere; la società era un oggetto che, se riconfigurato, poteva avere un futuro in ottica di exit”.
Quale nuova finanza serve?
A questo punto si passa a una seconda fase. Ha continuato Moretti: “Va capito quali sono le esigenze finanziarie prioritarie dell’azienda. Se serve della finanza d’urgenza per arrivare alla manovra oppure se serve un supporto al circolante perhè per esempio la liquidità è stata tutta drenata e le banche si sono ritirate. Oppure se serve della finanza per chiudere una ristrutturazione finanziaria. In quanto banca abbiamo dei limiti, ci sono delle cose che non possiamo fare come l’equity diretto. Per contro, possiamo mettere in campo un ampio spettro di strumenti che consente di affrontare esigenze diverse, che possono cambiare nel corso della vita del deal”.
Moretti ha portato come esempio la finanza in pre-deduzione, cioé la finanza d’urgenza interinale e la poi finanza di piano, accompagnata magari da acquisto di crediti single name per cassa, in modo da aiutare a chiudere la manovra finanziaria. E questo nel caso in cui l’azienda abbia intrapreso una procedura di composizione negoziata della crisi e poi un arrivi eventualmente a un concordato preventivo o a una ristrutturazione del debito. Stiamo quindi parlando di una situazione in cui i crediti di quest’azienda sono classificati dalle banche come UTP (unlikely to pay)”.
Nel caso di Gpack, per esempio, ha precisato Moretti, “abbiamo capito che con la struttura debitoria presente e gli strumenti giuridici disponibili si poteva iniettare finanzia d’urgenza in prededuzione, dato che allora era ancora in vigore la normativa del vecchio concordato, precedente a quella della composizione negoziata della crisi”. Illimity ha quindi erogato nel 2020 6 milioni di euro di finanza d’urgenza a medio-lungo termine e messo subito a disposizione un plafond da 15 milioni di euro di linea di factoring pro-soluto.
A parte i casi simili al mondo Gpack, ha detto ancora il responsabile turnaround&special situations di illimity, “c’è tutto un mondo in grandissima crescita, che già da un anno intercettiamo come banca e cioé quello delle aziende i cui crediti sono classificati come Stage 2 e Stage 1 watchlist. In questi casi gli strumenti più tipici che vengono utilizzati sono i bond convertibili e strumenti ibridi, si tratta di interventi più junior, che utilizziamo solo nel momento in cui non ci siano difficoltà industriali e non serva un turnaround operativo. Utilizziamo anche la finanza per firma e ancora più spesso il factoring che abbiamo la fortuna di avere direttamente in banca. A volte poter disporre di una linea pro-soluto o pro-solvendo può essere determinante”.
Il compagno di viaggio giusto.
Tornando al deal Gpack, Moretti ha continuato: “Abbiamo fatto il primo pezzo di strada con GPack, senza sapere se ci sarebbe stato un compagno di viaggio e qualcuno ce avrebbe rifinanziato il debito. Quanto è arrivata l’offerta di Oxy Capital abbiamo avuto l’occasione di uscire dal deal, ma con loro abbiamo trovato grande consonanza di approccio alla parte industriale, prima ancora di discutere della waterfall finanziaria. Non vai da nessuna parte se entrambi non sono convinti che la società ha un valore e se non condividi la ricetta per estrarre quel valore”.
Federico Scaravelli, vice president di Oxy Capital, ha concordato:”L’assessment industriale è la parte più critica dell’analisi che facciamo per decidere se investire o meno in un’azienda. Di solito dura un mese: va valutato da subito che, una volta uscita dalla crisi, la società abbia un prodotto chiave da vendere e un parco clienti interessanti. Su questo punto, sul deal GPack, ci siamo trovati bene con illimity, ancora prima di discutere la manovra finanziaria”.
Oxy, management company europea con 40 professionisti in Italia e Portogallo, investe su aziende in situazione di forte tensione finanziaria e problematiche sul fronte patrimoniale. Ha spiegato Scaravelli: “Compriamo il controllo di queste aziende con un euro, le ripatrimonializziamo con stralci e conversione debitoria e forniamo a parte della finanza strutturata ad hoc per la singola operazione, dalla finanza urgenza, a quella di piano, a linee di supporto al circolante. Per la strutturazione e il closing dell’operazione sono necessari di solito da 12 a 18 mesi, a seconda del framework legale della procedura, mentre per il turaround industriale ci vogliono da 4 a 6 anni. Dopodiché si imposta il processo di exit e si arriva così al disinvestimento”.
Quando va strutturata l’operazione, ha detto ancora il manager di Oxy Capital, “si deve negoziare con l’imprenditore l’acquisto del controllo della società, perché è fondamentale dare un cambio radicale alla governance. Dopodiché negoziamo con i creditori, cioé, da un lato con le banche e dall’altro con i fornitori. Alle prime vengono offerte varie soluzioni alternative, perché c’è ci preferisce un saldo e stralcio, mentre altre preferiscono riscadenziare i crediti. Quanto ai fornitori, li incontriamo in prima persona e chiediamo loro dei sacrifici ma con l’obiettivo di dare loro lavoro futuro, far ripartire attività e far loro recuperare quello che hanno perso”.
Una proposta adeguata a creditori e fornitori.
E ha ricordato ancora Scaravelli: “Per GPack siamo stati contattati da PwC nel maggio 2020, in pieno periodo Covid. L’azienda aveva tutto fermo, a parte lo stabilimento che produceva per il settore farma, ma perdeva denaro. Abbiamo valutato i competitori, il mercato m&a, visto che illimity era già intervenuta con finanza d’urgenza e a quattro mani con loro abbiamo definito un’offerta che è stata accettata dall’imprenditore, sia perché lo abbiamo mantenuto in azienda, dato che il suo know how e le sue relazioni avevano un valore, sia perché l’offerrta riguardava tutta l’azienda e tutti gli stabilimenti.
Ai creditori abbiamo offerto 5 opzioni diverse dal saldo e stralcio al rimborso integrale, mentre ai fornitori abbiamo chiesto di rinunciare sino al 60% con rimborso a 5 anni. Una volta trovato l’accordo, abbiamo iniziato il turnaround industriale che è andato molto bene, ma abbiamo avuto momenti difficili, perché nel frattempo è scoppiata la guerra in Ucraina e il prezzo della carta è salito alle stelle, sino a toccare il +300%. Insomma una tempesta perfetta. Allora ci ha supportato illimity con la linea di factoring, senza la quale la società rischiava di bloccarsi di nuovo. E’ stato così che siamo passati da 50 milioni di ricavi e un ebitda di 1,9 milioni nel 2020 a 90 milioni di ricavi quest’anno e, stimo, a un ebitda superiore ai 15 milioni“.
Un partner finanziario presente e motivato.
E’ chiaro che in questa fase avere un partner finanziario è stato cruciale, perché ha permesso all’azienda di sopravvivere. In generale, ha aggiunto Scaravelli, “in questi casi a garanzia della banca inseriamo un CRO (chief restructuring officer), che è fondamentale per il monitoraggio della cassa, dato che quello del passaggio del controllo dall’imprenditore al fondo è un momenti in cui c’è carenza di governance e sono quelli i momenti più rischiosi per non perdere di vista la cassa e la tesoreria“.
E, tornando al caso Gpack, il partner finanziario in questione è stato come detto illimity, che, sin dal 2021, quando Oxy a fatto il suo investimento, ha erogato a GPack la finanza di piano, riservandosi anche un equity kicker per beneficiare dell’auspicata buona riuscita dell’operazione, erogando quindi 14 milioni di euro di nuova finanza nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione e confermando la linea di factoring pro-soluto da 15 milioni. E nel 2024 ha poi come detto aiutato la società a chiudere in anticipo l’accordo di ristrutturazione, nel dettaglio erogando una linea da 11 milioni di euro, con la quale sono stati rimborsati i creditori dell’accordo, ed erogando una seconda linea da 12 milioni, con la quale è stata rimborsata la nuova finanza erogata per l’accordo di ristrutturazione. Il tutto mantenendo sempre il plafond da 15 milioni di linee di factoring pro-soluto.
Un’assistenza finanziaria che ha permesso nel contempo all’azienda di compiere il turnaround industriale. “A questo punto l’accordo di ristrutturazione è superato e noi finanziamo la società con forme tecniche diverse per accompagnare la società, che oggi è chiaramente in bonis”, ha detto ancora Moretti, sottolineando “il fil rouge del factoring, che è stato fondamentale, anche al momento dell’uscita dalla crisi, perché tipicamente le banche che si sono fatte male prima con una società, prima di finanziarla di nuovo, fanno molta resistenza, sebbene nella realtà sia ormai una società tutta diversa”. Certo, però, anche il mettere a disposizione la linea di factoring in questi casi non è banale: “Devi capire che linea puoi fare e a quali clienti e poi devi capire se funziona meglio il pro-soluto o il pro-solvendo”.
Adesso che il turnaround è finito è invece tutto molto più semplice. Ha spiegato Moretti: “Adesso seguiamo ancora la società, la parte finale è accompagnamento con strutture finanziarie abbastanza tradizionali, continuiamo a seguire con il factoring. L’elemento continuità di rapporto è fondamentale perché conoscere l’azienda dall’interno è una delle nostre caratteristiche: chi ha fatto l’operazione sono sempre gli stessi soggetti che poi continuano a seguire l’azienda ed è quindi più facile strutturare un rifinanziamento anche in un momento di mercato meno favorevole. Intanto l’azienda si sta preparando la fase dell’exit perché un oggetto del genere troverà sicuramente una sua collocazione tra trade buyer e private equity”.
E in tema di exit, Scaravelli ha precisato: “Abbiamo cercato dall’inizio di allineare gli obiettivi con illimity per tempistiche e massimizzazione del valore. Abbiamo fatto la stessa cosa anche con i manager, non solo con l’amministratore delegato, ma anche con tutti i manager della prima linea in modo che ogni decisione abbia un impatto diretto sulla valorizzazione dell’asset. Intanto la società ha messo in piedi un programma di investimenti da 15 milioni che terminerà a giugno 2025 con completa conversione al lusso della società. A quel punto allora decideremo i tempi e i modi della exit”.
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