La produttività del mercato dei robot capaci di apprendere, i cosiddetti cobot, fa registrare una crescita della produttività del 60%, grazie all’unione di AI e robotica, a fronte di una riduzione di costi del 40%, con tassi di crescita del mercato del 20% nei prossimi anni. A rivelarlo è stato Arash Ajoudani, Direttore del Laboratorio HRII Human Robot Interaction and Interfaces, in occasione della plenaria di apertura di Richmond IT director forum.
Entro il 2030 il valore del mercato globale AI sarà di
circa 1,5 trilioni di dollari, è indubbio quindi che il mercato AI stia
registrando una crescita imponente, e le prospettive sono ancora più
vertiginose se si considerano i progetti che prevedono l’unione di AI e
robotica: i numeri parlano di una crescita della produttività del 60%,
abbinata a una diminuzione dei costi del 40%. Ad
affermarlo è Arash Ajoudani, Direttore del Laboratorio HRII
Human Robot Interaction and Interfaces, inaugurato quindici anni fa all’IIT (Istituto
Italiano di Tecnologia), in occasione dell’edizione autunnale di
Richmond IT director forum, tenutosi a Rimini dal 10 al 12 novembre(https://www.richmonditalia.it/eventi/it-director-forum/).
Durante la cerimonia di apertura del forum, Ajoudani ha posto l’accento su
due ambiti in cui i robot collaborativi trovano oggi maggiore applicazione: il
settore industriale e quello dell’assistenza sanitaria. Secondo l’esperto, “È
all’interno degli ambiti industriale e sanitario che osserveremo maggiormente
questa crescita. In ambito industriale, ad esempio, l’utilizzo di robot riduce
i tempi di produzione del 30%, con un risparmio del 25% sui costi di
manodopera. In ambito sanitario, l’utilizzo dei cobot fa aumentare la
precisione del 50% ed è possibile ridurre del 40% il recupero post-operatorio.
Per rimanere nel campo dell’health care, l’AI permette di accelerare le
diagnosi e a personalizzare i trattamenti, con una crescita del mercato annuo
del 45%”.
Ma le notizie non finiscono qui: proprio durante la
conferenza Ajoudani, che ha contribuito personalmente alla sua
progettazione, ha infatti presentato MOCA, il robot
collaborativo che è stata la vera star della serata inaugurale. Si
pronuncia come la caffettiera di casa, ma in realtà il suo nome sta per Mobile
Collaborative Robotic Assistant. Secondo Ajoudani, lo sviluppo
dei robot collaborativi sta favorendo l’apertura di un nuovo mercato legato al
tracciamento dei movimenti corporei. In questo ambito, l’IIT ha
sviluppato RealMove, un sistema markerless in grado di catturare
simultaneamente con l’aiuto di 4 telecamere più corpi e oggetti in movimento.
Fra i progetti in via di sperimentazione in ambito health care spiccano quelli
dedicati alla prevenzione delle cadute degli anziani, in cui l’algoritmo
prevede la caduta e avvisa l’anziano, e i robot per i non vedenti.
Insomma, il Richmond IT director forum è
stato terreno di confronto sulle infinite prospettive offerte dal mercato dei
cobot, come testimoniato dalle parole di Claudio Honegger, amministratore
unico di Richmond Italia: “Il forum di novembre ha
offerto qualcosa di davvero straordinario, ovvero la possibilità di toccare con
mano il futuro della ricerca e dell’innovazione. In un contesto in cui la
tecnologia evolve a una velocità impressionante, comprendere le tendenze di
sviluppo sul lungo termine non è solo un esercizio visionario, ma una necessità
strategica. Ogni volta che ci sforziamo di leggere e capire il futuro,
diventiamo più efficaci nell’interpretare e gestire la realtà presente.
Diventiamo più bravi e consapevoli nell’affrontare le sfide quotidiane,
trasformandole in opportunità di crescita e innovazione”.
L’introduzione dei cobot ha un impatto positivo
sull’health care anche in modo indiretto, Ajoudani infatti riferisce che i
danni fisici al sistema muscoloscheletrico delle persone al lavoro causino ogni
anno in Italia un danno economico di 8 miliardi di euro all’anno (240 miliardi
in tutta Europa). Oggi si riescono a identificare in modo più preciso le aree
del corpo sottoposte a maggiore sforzo durante i movimenti, e le patologie che
ne possono derivare. “Good ergonomics is good economics”, ha ricordato a tal
proposito Ajoudani. Un altro aspetto fondamentale su cui si è
soffermato sono i costi economici causati dalle condizioni di stress
mentale, non meno rilevanti, ma anzi addirittura 2,5 volte superiori rispetto a
quelli fisici. Ciò sta portando a una crescente attenzione all’ergonomia
cognitiva, ovvero a come ridurre il carico mentale e dello stress
psicologico dei lavoratori. Ritmi di lavoro troppo serrati possono innescare
livelli di stress ingestibili, e al tempo stesso ritmi troppo rilassati o
ripetitivi possono favorire la distrazione e diventare l’anticamera di
incidenti sul lavoro. Ma la rivoluzione è personalizzare ritmi e flussi di
lavoro su ogni singola persona, poiché ognuno ha diverse esigenze. Su questo
fronte, leggere i segnali non verbali del corpo consente di identificare tempi
e flussi di lavoro corretti calibrandoli su ogni singola persona.
Ajoudani ha anche portato domande scomode, avvertendo
che la robotica AI based può diventare un’arma a doppio taglio: “L’ergonomia
cognitiva potrebbe diventare il nostro più grande alleato come potrebbe invece
trasformarsi nel nostro peggior nemico. C’è il rischio che le persone si
sentano meno utili o più insicure, aumentando ulteriormente le difficoltà
mentali. In un mondo in cui faranno tutto le macchine, noi ci sentiremo sempre
più stupidi”.
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