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L’imprenditore arrestato e le minacce all’ex moglie #finsubito finanziamenti e gestione bed & breakfast


“Tu non la vendi perché sai benissimo che finisce con una palla in fronte”. A minacciare è Silvano Gabriele, titolare della ‘Due Esse’ srl, uno dei sei arrestati ieri mattina a Genova dalla Direzione Investigativa Antimafia nell’ambito dell’operazione ‘Gigante’ che ha portato a sei ordinanze di custodia cautelare in carcere per reati di trasferimento fraudolento di valori, aggravato dall’agevolazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, detenzione illecita di armi e estorsione.

La persona minacciata è l’ex moglie dell’imprenditore, e l’oggetto del contendere è la casa di entrambi, anche se formalmente di proprietà della donna che, preoccupata per la difficile situazione finanziaria in cui versavano, avrebbe voluto vendere l’immobile che l’ex marito avrebbe invece voluto mantenere e trasformare in un Bed & Breakfast. 

Il tentativo di estorsione, reato di cui Gabrieel deve rispondere è contenuto nelle 126 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare della gip Paola Faggioni.

“Si è avuto modo di recepire esacerbazioni violente dell’indagato all’indirizzo della ex consorte – si legge – finalizzate tra l’altro, a costringerla a sottoscrivere determinati atti immobiliari a proprio vantaggio”.

La villa era stata acquistata grazie a un mutuo di 640 mila euro ottenuto con l’interessamento di un “commercialista siciliano, della siciliana ‘Banca Progetto'”. L’intestataria era la donna che, “preoccupata dei rischi di bancarotta, aveva ricevuto consigli per la vendita al fine di ripianare debiti societari”.

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Dalle conversazioni tra i due si capisce che la donna, su consiglio del suo avvocato divorzista, avrebbe voluto vendere l’immobile, ma Silvano “iniziava a chiedere con insistenza un contratto di comodato per la villa in modo da avere titolo formale per regolarizzare alcuni permessi volti alla gestione dell’attività commerciale menzionata”. 

L’uomo, molto adirato perché l’ex moglie aveva parlato dell’immobile con l’avvocato, scrive la giudice: “usa un tono perentorio e chiede all’ex moglie come finirà la storia se lei dovesse provare a vendergli casa”. 

“Silvano afferma che la donna non gli venderà casa perché altrimenti si arriverà ‘a Rai Uno’ (intende che prenderà iniziative estreme degne della cronaca al telegiornale)”, annota la gip.

L’insistenza dell’imprenditore emerge in altre circostanze, tanto che l’ex moglie si convince. “Dagli accertamenti compiuti dagli operanti – scrive la giudice – si è appurata, infatti, la registrazione telematica presso Agenzia delle Entrate di Genova in data 20.6.2023 di un contratto di comodato gratuito a favore dell’indagato, con data 1.6.2023, certamente non veritiera alla luce delle molteplici conversazioni successiva a tale data, in cui si comprende chiaramente che il contratto non era stato ancora perfezionato”.

La donna giungerà alla sottoscrizione a ridosso della data di registrazione del contratto, “tra il 15 e il 20 giugno, certamente intimorita dall’atteggiamento dell’ex marito di cui conosce l’indole violenta ed altresì la disponibilità di armi”.

“Le bombe ai giudici”

Non è solo la vicenda della casa ad arricchire il contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’imprenditore. A proposito dell’interdittiva antimafia, ritenuta la causa dei problemi societari, Silvano parlando con la moglie dice infatti: “Se ne vadano afanculo ‘sti pezzi di merda! Ce ne hanno messo poche bombe a Palermo, ce ne hanno messe poche! Ce le dovrebbero mettere qua a Genova”, e poi ripete “Ce ne hanno messe poche bombe a Palermo! Dovevano prenderci anche i figli ‘sti bastardi”.

Gli altri arrestati

Oltre a Silvano, sono finiti in manette Salvatore Mario Lo Piccolo, membro del clan Lo Piccolo di Palermo, residente a Serra Riccò e dipendente di Silvano, Enrico Bomarsi, John Harold Ordonez Garcia, Boris Gean Pier Maruri Moreira e Victor Manuel Maruri Moreira.

Le indagini hanno scoperto una compravendita fittizia di un terreno a Palermo, intestato a una società dell’imprenditore ligure, simulata per evitare il sequestro di beni legati a un esponente mafioso condannato due volte per 416 bis. Il cespite, di valore strategico, sarebbe stato trasformato da agrumeto a zona edificabile, generando ingenti profitti. La vendita, per 30.000 euro, è stata effettuata con il coinvolgimento di un notaio di Massa Carrara, poi sanzionato per violazioni alla normativa antiriciclaggio. Il terreno, situato nel quartiere “Tommaso Natale-Cardillo” e strategico per i piani della famiglia mafiosa, è stato sottoposto a sequestro preventivo.

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Nel corso dell’operazione sono state trovate quattro pistole e oltre 500 proiettili nascosti in un container utilizzato dall’imprenditore, accusato anche di gestire un traffico di cocaina dall’Ecuador tramite la sua società di logistica.

L’origine delle indagini

Il procedimento nasce dalle indagini della Dia di Genova in merito ad approfondimenti sulla società di Silvano, che aveva chiesto il rilascio della documentazione antimafia e, “in particolare, – scrive la giudice – a seguito della richiesta della predetta società, pervenuta alla Prefettura di Genova, volta all’iscrizione alla c.d. ‘white list’, necessaria per intrattenere rapporti con la P.A ovvero al fine di ottenere speciali autorizzazioni amministrative o iscrizioni in determinati albi”.

Ma già nel 2015 Lo Piccolo era entrato in contatto con la società di Silvano. Era infatti stato dipendente della Due Esse srl dal 2015 e dal 2017 lo era anche la figlia.

 



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