Per legge la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità non è incompatibile con l’intervenuta applicazione di una misura di prevenzione, ma solo con le misure di sicurezza. Non è quindi legittima la revoca del lavoro di pubblica utilità semmai la sua sospensione in caso intervenga una misura di prevenzione, fino alla conclusione di quest’ultima.
In particolare, nel caso risolto dalla Corte di cassazione – con la sentenza n. 43844/2024 – la revoca riguardava una pena sostitutiva frutto del patteggiamento tra le parti. La Corte di cassazione ha annullato la decisione di revoca del Gip che, al contrario come affermato dalla Suprema corte avrebbe potuto dettare le adeguate prescrizioni invece di affermare tout court l’inadeguatezza del programma trattamentale inizialmente previsto con l’Uepe.
A tal fine la Cassazione penale ha dettato il principio di diritto con cui afferma che il giudice dell’esecuzione non può revocare l’intervenuta ammissione alla pena sostitutiva patteggiata, perché il giudizio sull’ammissibilità della sostituzione e sul tipo di pena sostitutiva è già stato espresso ed è irrevocabile. “Essendo consentita la revoca solo per inosservanza delle prescrizioni dettate”. Che, tra l’altro nel caso concreto non risultavano date.
La vicenda, infatti, aveva scontato una serie di rinvii di applicazione della pena sostitutiva poi revocata, in quanto medio tempore il giudice aveva preso atto dell’applicazione di una misura di prevenzione a carico dell’imputato che aveva patteggiato la sostituzione della pena detentiva breve per quanto essa non risultasse assistita dalle prescrizioni che il giudice del patteggiamento è legittimato a dare per l’assegnazione della stessa. Mentre, va ricordato, l’accordo sulla sostituzione può essere solo accolto o rigettato dal Gip che – nel caso concreto – aveva accolto la pena concordata, unitamente alla sua sostituzione.
Inoltre, nel caso occorso, dove era stato applicato l’ordine dell’obbligo di soggiorno, il Gip non poteva rilevare alcuna incompatibilità con la pena sostitutiva e quindi revocarla, in quanto non aveva mai assegnato le prescrizioni a essa connesse, per poterle giudicare incompatibili con la misura di prevenzione.
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