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Sciopero, cortei e disagi anche in Puglia. Troppe criticità e zero risposte dal governo #finsubito richiedi prestito immediato


La sanità alle prese con la carenza di personale, mentre molte regioni del Mezzogiorno (Puglia compresa) fanno registrare dati molto alti sulla mobilità passiva. La crescita che rallenta, mentre continua ad aumentare il divario con il Nord. E poi la fuga dei giovani, che continuano a lasciare il Meridione cercando fortuna altrove. C’è anche tanto Sud tra le ragioni dello sciopero generale di oggi, indetto da Cgil e Uil. E proprio il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri sottolinea come la protesta odierna sia stata necessaria «perché dal governo non ci sono state risposte».

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Segretario Bombardieri, voi della Uil scendete in piazza oggi insieme alla Cgil per protestare contro una manovra che ritenete non in grado di rispondere alle esigenze del Paese. Quali sono gli aspetti che maggiormente contestate?

«Innanzitutto i salari, la capacità di spesa di chi vive con uno stipendio o una pensione, la perdita del potere d’acquisto che in questi anni ha superato il 16%. Pur considerando positivo e frutto anche dei nostri scioperi il consolidamento del cuneo fiscale, noi avevamo chiesto al governo di intervenire sulla detassazione degli aumenti contrattuali, senza dimenticare che in questo momento ci sono sei milioni di lavoratori e di lavoratrici con il contratto scaduto. Non solo: avevamo chiesto anche all’esecutivo di detassare e quindi di rilanciare la contrattazione di secondo livello non solo nelle grandi aziende ma per esempio per territori o per filiera, con l’obiettivo di aumentare la competitività. E in questa manovra non c’è un euro di investimento per la sicurezza sul lavoro».

Ragionando sui singoli settori, uno dei comparti maggiormente in difficoltà è la sanità. Qual è la fotografia e cosa chiedete?

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«Durante il Covid, parlavamo dei medici come degli eroi. Oggi invece per loro non ci sono risposte nemmeno sugli impegni che erano stati presi. Eppure le condizioni della sanità pubblica sono drammatiche. Abbiamo già riconosciuto al governo di aver incrementato in termini assoluti la cifra investita sulla sanità, però vale la pena ricordare che il termine di riferimento è la percentuale del Pil, e su questo i dati parlano chiaro. Due milioni di persone non si sono curate per problemi economici, quattro miliardi di euro sono stati spesi dalle famiglie per interventi di vario tipo, e ogni anno un milione di persone si sposta dal Mezzogiorno al Nord per sottoporsi a cure. Se chiedessimo alla gente comune una valutazione sulla sanità, nonostante gli sforzi fatti dal personale medico, sicuramente emergerebbe un elevato livello di insoddisfazione. Ciò significa che bisogna investire molto di più».

È un problema evidente, senza dubbio, tuttavia non nasce oggi.

«Noi non abbiamo alcun problema a riconoscere che vi sia stato un netto definanziamento della sanità negli ultimi venti anni, però a nostro giudizio il grado di funzionalità della sanità oggi è particolarmente allarmante. Non si tratta, si badi bene, di questioni di maggioranza o di opposizione, questo tema riguarda anche le Regioni, è la politica a provvedere alle nomine dei direttori generali, e nessuno può tirarsi indietro».

Fatalmente in questi casi la domanda è scontata: dove e come recuperare le risorse necessarie?

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«Noi abbiamo fatto le nostre proposte: si potrebbero tassare le grandi aziende che in questo periodo hanno fatto grossi profitti. Penso anche alle grandi Big Pharma che hanno speculato sul costo dei vaccini, alle grandi società che si occupano di energia e che hanno speculato sui prezzi del petrolio, e in più ci sono nostre proposte, già applicate in altri Paesi, che prevedono la tassazione degli utili d’azienda. E poi c’è la successione: nessuno pensa di tassare la successione dei nonni o dei genitori, è vero, però dobbiamo considerare come in Italia l’introito sulle successioni sia dello 0,05% del Pil, in Francia dello 0,17%. “Ballano” 14 miliardi di euro, parliamo di differenze importanti. E ancora: crediamo sia giunto il momento di valutare i valori catastali in modo diverso: una casa nuova in periferia, per esempio, non può avere lo stesso valore di una casa antica che si affaccia su Piazza Navona a Roma».

Mercoledì scorso Svimez ha diffuso i dati sulla fotografia economica del Paese. Emerge ancora un divario tra Nord e Sud, con il Pil del Mezzogiorno che risente anche del taglio di misure come la Decontribuzione Sud. Cosa ne pensa?

«Questa è solo una delle importanti misure pensate per il Sud – e che avrebbero potuto produrre significativi risultati – che sono state invece eliminate dal governo. Penso anche alle risorse per l’automotive spostate chissà dove, forse per produrre ancora armamenti. C’è il tema della politica industriale, e sarebbe impossibile non parlarne visto che proprio la Puglia vive quotidianamente una questione delicata come quella dell’ex Ilva, e poi c’è un’altra domanda che attende ancora una risposta dal governo: come bloccare il costo dell’energia? Molte aziende ci dicono di sostenere spese che in Italia sono pari a quasi il doppio degli altri Paesi europei. Qual è la risposta? Quali sono le scelte?».

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Svimez segnala anche l’inarrestabile fuga dei giovani dal Sud al Nord, alla ricerca di un’opportunità. Ogni anno sono 200mila.

«Anche qui non mi pare che il governo abbia fatto nulla per trattenere i giovani al Sud. Si fanno accordi per far arrivare dall’India 10mila infermieri, però ogni anno perdiamo 40mila giovani formati da noi che vanno all’estero perché sono pagati meglio».

E poi c’è il calo demografico, che determina inevitabilmente anche una riduzione degli asili e delle scuole.

«Spesso su questi temi la politica risponde alla propaganda e non alle esigenze del Paese. Effettivamente sotto l’aspetto demografico stiamo andando indietro. In Italia ci sono tantissimi migranti irregolari che cercano occasioni di lavoro e che invece sono schiavi delle aziende. E allora perché non regolarizzarli?».

Allo sciopero non aderisce la Cisl. In queste settimane avete spesso voluto precisare come questo non vada considerato uno sciopero politico. Invitate alla protesta anche l’elettorato di centrodestra?

«Guardi, io rivendico il diritto di fare politica, nel senso etimologico del termine, che riguarda l’occuparsi del bene comune. Un’associazione confederale non può semplicemente accontentarsi del fatto che le condizioni di vita dei propri iscritti non peggiorino. Rivendico il diritto di fare politica sindacale, è esercizio democratico e pacifico. Così come il diritto allo sciopero – anche questo va ribadito – è un diritto della persona».

Risponde in questo modo al vicepremier Salvini, che ha firmato la precettazione riducendo da otto a quattro ore lo sciopero sul fronte trasporti? “Ho voluto evitare un altro venerdì di caos”, ha spiegato il ministro.

«Quando il vicepresidente del Consiglio offende i sindacati non offende me o Maurizio Landini, bensì un diritto riconosciuto dalla Costituzione. Lui è vicepremier di tutti, non solo di chi lo ha eletto, e anche lì sono abbastanza pochi. Dovrebbe avere il rispetto delle persone che manifesteranno, anche perché probabilmente molte di quelle persone lo hanno votato. Noi oggi saremo in 50 piazze italiane, il governo si è chiesto quali altre organizzazioni in Italia sono in grado di far scendere in piazza così tante persone? Forse è proprio questo che dà fastidio».

Con l’astensione sui trasporti, siete stati accusati di non garantire ai cittadini il diritto alla mobilità. È preoccupato da un certo peggioramento del linguaggio nella trattativa sindacale?

«Sono preoccupato dal clima che si respira in questo Paese, dalla mancanza di un confronto. Noi non chiediamo di essere informati, se veniamo convocati quando sono state già assunte delle decisioni non si può parlare di un confronto. Ma se vogliamo avere un dialogo sociale corretto, va data al sindacato la possibilità di confrontarsi. L’attacco al diritto allo sciopero è sotto gli occhi di tutti. Noi abbiamo dialogato serenamente con la commissione di garanzia, poi all’improvviso Salvini ha rilasciato alcune dichiarazioni, e la commissione ha deciso di chiedere al ministro di intervenire. Quando si convoca uno sciopero nel trasporto pubblico, sappiamo di creare disagi ai cittadini e ce ne scusiamo, ma è stato necessario perché dall’altra parte non c’è stata alcuna risposta. I lavoratori del trasporto pubblico locale chiedono il rinnovo del contratto, chiedono sicurezza per loro e per l’utenza. Salvini dovrebbe utilizzare di più i mezzi pubblici, e meno le auto blu. C’è bisogno di rispetto per un principio che viene negato, che è quello di chi scioperando ci rimette di tasca propria, e non per interessi soltanto personali bensì di tutta la collettività».

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