Nuova puntata de “L’avvocato delle startup”, la rubrica curata da Alessandro Tarducci, legale specializzato in diritto societario, proprietà industriale e intellettuale. Come orientarsi al meglio con la scrittura del contratto preliminare che stabilisce le condizioni tra startup e investitori? Le domande più frequenti degli startupper, le risposte dell’avvocato
Per una startup in crescita, raccogliere capitali da investitori è un passo decisivo per sviluppare prodotti, accedere a nuovi mercati e attrarre talenti. Ma prima che l’investimento si concretizzi, è fondamentale negoziare il term sheet, un documento preliminare che stabilisce le condizioni dell’accordo tra startup e investitori. Come redigere un term sheet che tuteli gli interessi della tua startup? Ecco una guida pratica che risponde ai dubbi più comuni e ti aiuta a evitare le insidie.
Cos’è un term sheet?
Il term sheet è un documento non vincolante che definisce i termini chiave di un investimento in una startup. Stabilisce aspetti fondamentali come la valutazione pre-money, i diritti degli investitori, le clausole di uscita e le modalità di governance. Anche se non è un contratto definitivo, il term sheet guida le trattative successive e getta le basi per l’accordo finale.
Perché è importante? Un term sheet ben negoziato permette di evitare sorprese in fase di due diligence e garantisce trasparenza tra i founder e gli investitori. È un passo essenziale per costruire una relazione di fiducia con i partner finanziari.
Differenza tra valutazione pre-money e post-money
La valutazione pre-money rappresenta il valore della startup prima dell’investimento, mentre la valutazione post-money include il capitale apportato dall’investitore. Questi due parametri determinano la quota di partecipazione che l’investitore riceverà in cambio del suo investimento.
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Ad esempio, se una startup viene valutata 2 milioni di euro pre-money e riceve un investimento di 500.000 euro, la valutazione post-money sarà di 2,5 milioni di euro. Di conseguenza, l’investitore acquisirà il 20% della startup (500.000/2,5 milioni).
Cosa sono le clausole di liquidazione preferenziale?
La liquidazione preferenziale determina come vengono distribuiti i proventi in caso di exit (vendita dell’azienda, IPO, ecc.). Questa clausola garantisce agli investitori il recupero del loro investimento prima che gli altri soci, inclusi i founder, possano ricevere parte dei proventi.
Ad esempio, una clausola di liquidazione preferenziale 1x assicura all’investitore la restituzione del capitale investito prima della ripartizione dei guadagni tra gli altri azionisti. Tuttavia, una clausola 2x o superiore potrebbe penalizzare i founder in caso di exit, riducendo la loro quota di partecipazione. È essenziale negoziare una preferenza equilibrata per proteggere i diritti dei founder.
Quali diritti di voto concedere agli investitori?
Il diritto di voto consente agli investitori di partecipare alle decisioni strategiche dell’azienda, come le modifiche statutarie o l’ingresso di nuovi soci. Concedere troppi diritti di voto agli investitori potrebbe limitare l’autonomia decisionale dei founder.
Una soluzione comune è concedere agli investitori un ruolo di “osservatore” nel consiglio di amministrazione, senza diritto di voto, oppure limitare i loro poteri a decisioni straordinarie. Questo permette di mantenere un equilibrio tra la necessità di controllo da parte dei founder e il coinvolgimento degli investitori nelle decisioni più importanti.
Come proteggere la propria quota?
Le clausole anti-dilution proteggono gli investitori nel caso in cui la startup effettui un nuovo round di finanziamento a una valutazione inferiore rispetto a quella precedente (down round). Le due principali tipologie sono:
– Full ratchet: protegge completamente la quota dell’investitore, ma può penalizzare fortemente i founder.
– Weighted average: è più equilibrata, poiché tiene conto della quantità di nuove azioni emesse, riducendo l’impatto della diluizione in modo meno drastico.
Per le startup è consigliabile negoziare la clausola di tipo weighted average, che protegge gli investitori ma evita una diluizione eccessiva delle quote dei founder.
Il term sheet vantaggioso di Iubenda
Un esempio concreto di negoziazione del term sheet è quello di Iubenda, la nota startup italiana specializzata nella generazione di privacy policy e documenti legali. Fondata nel 2011 da Andrea Giannini, Iubenda ha rapidamente attirato l’interesse degli investitori grazie alla sua proposta innovativa e al crescente bisogno di compliance nel settore digitale.
Durante la raccolta di fondi, Iubenda ha negoziato un term sheet che includeva una clausola di liquidazione preferenziale 1x e un piano di vesting per i founder, per garantire che restassero impegnati nel progetto. Questo equilibrio ha permesso alla startup di ottenere i capitali necessari senza compromettere il controllo sulla gestione operativa.
Negoziare un term sheet per una crescita sostenibile
Redigere un term sheet può sembrare un processo complesso, ma affrontarlo con la giusta preparazione e con l’assistenza di un legale esperto può aiutare a costruire una relazione di fiducia con gli investitori. Un documento ben strutturato garantisce trasparenza e chiarezza, ponendo le basi per una collaborazione di successo.
La tua startup è pronta per negoziare un term sheet? Non lasciare nulla al caso: consulta un esperto e assicura alla tua azienda le migliori condizioni per crescere in modo solido e sostenibile.
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