Fatti, nomi e scenari in vista del secondo turno delle elezioni presidenziali in Romania. Il commento di Tim Ash di RBC BlueBay Asset Management.
La vittoria del nazionalista Calin Georgescu al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania durante lo scorso fine settimana può essere descritta solo come fulminea. Georgescu si scontrerà al secondo turno con la candidata riformista pro-UE del partito USR, Elena Lasconi.
UNA ROMANIA FILORUSSA?
La vittoria di Georgescu è stata dipinta come un’altra vittoria per un politico pro-Putin, dopo Orban in Ungheria, Fico in Slovacchia e Georgian Dream in Georgia. Si respira sicuramente una certa politica filo-russa-anti-occidentale, dato che la stanchezza per la guerra in Ucraina è diffusa nella società rumena e in molti altri luoghi d’Europa.
Ma ci sono altre considerazioni generali da fare sulla sua vittoria. In primo luogo, la sua vittoria mostra il potere delle nuove forme di influenza politica e di campagna elettorale e i pericoli che ne derivano per la democrazia più in generale. Georgescu ha condotto una campagna last minute sui social di grande impatto.
In secondo luogo, il populismo è popolare nell’attuale contesto politico globale, in cui la migrazione di massa ha aumentato la sensibilità degli elettori nei confronti dell’immigrazione, e soprattutto dove le popolazioni post-Covid sono state duramente colpite dalla crisi del costo della vita.
In terzo luogo, questa vittoria avviene mentre i partiti in carica sono in ritirata, che si tratti di Biden e dei democratici negli Stati Uniti, dell’ANC in Sudafrica, di Erdogan alle elezioni locali di marzo in Turchia, di Modi in India o dei Tories nel Regno Unito.
IL POTERE DEI FONDI EUROPEI
Tuttavia, Georgescu si è assicurato solo il 23% dei voti al primo turno e anche se i voti dell’altro candidato nazionalista George Simion andassero a Georgescu, si tratterebbe comunque solo del 37% dei voti. È ancora lontano dal 50% più uno richiesto per il ballottaggio del primo dicembre. Al contrario, i voti combinati dei candidati pro-UE di PSD, PNL, USR, UDMR e altri ammontano al 58%.
Inoltre, il potere dei flussi di fondi dell’UE non può essere sottovalutato in Romania. Nell’ambito dell’ultimo ciclo di bilancio dell’UE per il periodo 2021-2027, con l’aggiunta delle strutture del RRF, la Romania dovrebbe assicurarsi oltre 83 miliardi di euro di finanziamenti UE (Ministero delle Finanze rumeno), attestandosi come il più grande beneficiario netto di tali fondi nell’UE. In percentuale del Pil, si attesta al 3-4% del Pil all’anno, coprendo la metà del disavanzo di bilancio e del disavanzo delle partite correnti.
Una presidenza Georgescu peggiorerebbe le relazioni con l’UE e metterebbe a rischio questi flussi di fondi, come è avvenuto nella vicina Ungheria con Orban. Gli elettori metterebbero davvero a rischio la prosperità economica del paese votando per Georgescu per assumere effettivamente la presidenza? Alcuni elettori potrebbero pensare di aver avuto pochi benefici personali dai flussi dei fondi strutturali dell’UE (come le élite politiche) e pensare, quindi, di non avere nulla da perdere.
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