Nei primi tre anni di applicazione del Piano Transizione 4.0 le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di credito d’imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo. Di questi, circa 23 miliardi di euro, pari a oltre l’80%, sono relativi a investimenti in beni materiali 4.0. I 29 miliardi di incentivi hanno stimolato maggiori investimenti con ricadute positive sull’occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie. È quanto rileva la Banca d’Italia nel rapporto intermedio di valutazione “Gli incentivi in investimenti 4.0: una valutazione dell’impatto della misura”. Il rapporto è stato curato dal Comitato scientifico per la valutazione dell’impatto economico degli interventi del “Piano Transizione 4.0”, istituito con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 novembre 2021 con il compito di valutare l’impatto economico, l’efficacia e l’efficienza degli interventi previsti dal Piano Transizione 4.0, composto da rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e della Banca d’Italia.
Il piano Transizione 4.0
Introdotto dalla legge di Bilancio 2020, il piano Transizione 4.0, si inserisce nell’ambito delle misure previste dal programma Next Generation EU (NGEU) volte a sostenere la digitalizzazione e l’innovazione del sistema produttivo italiano. Il piano Transizione 4.0 prevede un insieme di incentivi alle imprese, erogati sotto forma di credito di imposta, per investimenti strumentali materiali e immateriali tecnologicamente avanzati, investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica (R&D&I) e investimenti in formazione 4.0.
Effetti sul tasso d’investimento
I risultati dello studio mostrano che le imprese beneficiarie di Transizione 4.0 hanno aumentato il loro tasso d’investimento rispetto al gruppo di controllo sintetico. L’effetto è decrescente all’aumentare della dimensione d’impresa ed è significativo per tutte le coorti di trattamento. L’aumento medio del tasso di investimento è pari a circa 0,5 e 0,8 punti percentuali per le imprese di grandi e medie dimensioni, mentre aumenta fino a 1,8 punti percentuali per le imprese piccole. L’effetto maggiore è stimato per le imprese
micro, con incrementi rispetto al gruppo di controllo compresi tra 3,3 e 3,7 punti percentuali a seconda della coorte di trattamento. Si tratta di effetti molto elevati, tenuto conto che il tasso medio di investimento medio nel periodo pre-incentivo è di circa il 2 per cento.
Effetti sull’occupazione delle imprese
In media l’occupazione delle imprese beneficiarie di Transizione 4.0 è aumentata rispetto al gruppo di controllo sintetico (dal 3 all’8 per cento a seconda del gruppo). Gli effetti sono significativi e positivi per quasi tutti i sotto campioni analizzati, fanno eccezione le
grandi imprese che hanno investito in beni materiali 4.0 nel 2022 e le corti del 2021 e del 2022 di micro imprese. Il piano Transizione 4.0 avrebbe incrementato l’occupazione di circa 40mila unità nel triennio 2020-2022 per le imprese oggetto di analisi. Le imprese piccole e medie sono quelle che in termini assoluti hanno aumentato di più gli occupati (rispettivamente circa 18mila e 15mila occupati), seguite dalle imprese grandi (circa 5mila) e dalle micro (circa 1.600).
Effetti sul fatturato
Gli investimenti in beni materiali 4.0 hanno indotto incrementi positivi e statisticamente significativi del fatturato per le imprese beneficiarie di tutte le classi dimensionali rispetto alle imprese del gruppo di controllo sintetico. Fanno accezione le micro imprese, per le quali, effetti positivi e statisticamente significativi sul fatturato sono stati stimati per la sola coorte del 2020 (risultato analogo a quello sull’occupazione). Gli incrementi di fatturato cumulati che sarebbero stati indotti da transizione 4.0 ammontano a circa 26 miliardi di euro ripartiti quasi equamente tra imprese di piccole (circa 9 miliardi), medie (circa 9 miliardi) e grandi dimensioni (circa 8 miliardi). L’incremento attribuibile alle micro imprese (circa 540 milioni di euro) è di modesta entità, in parte perché riferito al solo gruppo le cui stime sono statisticamente significative (coorte del 2020). Per le grandi imprese oltre il 60 per cento dell’aumento del fatturato è ascrivibile alla coorte del 2020, con incrementi molto differenziati tra anni; per la coorte del 2021 gli aumenti sono in valore assoluto minore rispetto alla coorte del 2020 e registrano una riduzione successivamente all’anno di maturazione dell’incentivo. Per le piccole e medie imprese l’impatto di maggiore entità sul fatturato è per la coorte del 2021 (oltre il 55 per cento del totale), per tali imprese nell’anno di implementazione della misura si verifica l’effetto massimo e che poi decrescente nel tempo. Per le micro imprese, nell’unica coorte, del 2020, in cui si stimano risultati statisticamente significativi la variazione massima del fatturato si osserva nell’anno successivo all’implementazione della misura.
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