Dall’1 gennaio 2025 cambiano le regole per il calcolo della busta paga, in particolare per la trasformazione da lordo a netto dell’importo percepito. Per il momento le novità da considerare, le quali in alcuni casi comporteranno un importo netto più basso rispetto a quanto guadagnato nel 2024, sono quelle che sono state introdotte dalla legge di Bilancio 2025, alle quali presto potrebbe aggiungersi anche il taglio dell’Irpef per l’attuale secondo scaglione, per quanto le discussioni siano ancora in corso.
In particolare, le novità previste sulla busta paga a decorrere dal prossimo gennaio riguardano tanto la parte contributiva quanto quella fiscale. Dovete sapere infatti che nel calcolo dello stipendio netto dal lordo sono queste due le voci di cui tener conto: in prima istanza, infatti, sull’imponibile lordo indicato nel cedolino vengono sottratti i contributi previdenziali dovuti dal lavoratore tenendo conto dell’aliquota Ivs di appartenenza, dopodiché sulla parte restante si applicano le ritenute fiscali comprese le addizionali regionali e comunali.
La legge di Bilancio 2025 interviene su entrambe le componenti, almeno per i redditi fino a 40.000 euro. È vero infatti che il governo ha confermato il taglio del cuneo (ossia la differenza che c’è tra lordo e netto dello stipendio), ma nel farlo è passato da uno sgravio contributivo a uno di tipo fiscale. Di fatto, come approfondiremo di seguito, rispetto alle buste paga percepite nel 2024 dal gennaio prossimo si versano più contributi ma si pagano meno imposte.
Un cambiamento che almeno nelle intenzioni del governo dovrebbe restituire lo stesso importo rispetto al 2025, senza alcuna penalizzazione. Dai nostri calcoli, però, non risulta essere così visto che in particolare coloro che hanno un reddito compreso tra 32.000 e 35.000 euro rischiano di prendere molti meno soldi.
Vediamo dunque come cambia la busta paga a decorrere dal prossimo gennaio (per quanto i datori di lavoro potrebbero avere bisogno di qualche settimana di tempo per l’aggiornamento), facendo chiarezza su quanti contributi si versano e quante tasse si pagano.
Contributi in busta paga 2025
A eccezione delle lavoratrici che godono del bonus mamme in busta paga, nel 2025 la quota di contributi a carico del lavoratore torna a essere versata per intero anche nel caso di redditi fino a 35.000 euro.
Quest’anno infatti sulle buste paga fino a 2.692 euro lordi (35.000 euro appunto considerate tredici mensilità) si applica uno sgravio contributivo che riduce l’aliquota vigente, pari al 6% (o 7% per gli stipendi che non superano i 1.923 euro). Con la legge di Bilancio 2025 il taglio del cuneo fiscale viene però profondamente rivisto e da una riduzione dei contributi si passa a quella dell’imposta sul reddito attraverso l’introduzione di un nuovo trattamento integrativo e alla maggiorazione della detrazione.
Questo significa che in busta paga tutti vedranno applicarsi l’aliquota contributiva piena, pari al:
- 9,19% nel caso dei lavoratori del settore privato;
- 8,80% per i lavoratori del pubblico impiego.
Questa novità ovviamente comporterà un aumento dei contributi versati, che tuttavia, come anticipato, verrà compensato da una riduzione dell’imposta, con il risparmio in busta paga che non sarà molto diverso da quello previsto nell’anno corrente.
Irpef in busta paga 2025
Quando si calcola lo stipendio netto si parte dal togliere i contributi dovuti e poi su quello che rimane si applica l’imposta Irpef (insieme alle addizionali). A tal proposito, per quanto riguarda l’imposta sul reddito la legge di Bilancio 2025 mantiene le aliquote vigenti nel 2024, pari al:
- 23% per la parte di reddito fino a 28.000 euro;
- 35% per la parte compresa tra 28.001 e 50.000 euro;
- 43% per la parte che supera i 50.000 euro.
Per il momento non viene quindi previsto un taglio dell’aliquota prevista per il secondo scaglione (si parlava di una possibile riduzione al 33%), in quanto il governo aspetta prima di vedere quali sono i risultati del concordato preventivo (che tuttavia stenta a decollare).
Detrazioni e bonus nella busta paga 2025
Non tutta l’Irpef è però dovuta dal lavoratore, in quanto intervengono detrazioni e trattamenti integrativi. Intanto va detto che tanto nel 2024 quanto nel 2025 esiste una soglia al di sotto della quale l’Irpef dovuta viene completamente ridotta dalle detrazione, pari a 8.500 euro l’anno (comunemente conosciuta come no tax area).
Per i redditi che superano gli 8.500 euro si applicano invece delle detrazioni da lavoro dipendente, così calcolate:
REDDITI (EURO) | IMPORTO DELLA DETRAZIONE (EURO) |
---|---|
fino a 15.000 | 1.955 euro |
oltre 15.000 fino a 28.000 | 1.910+1.190* (28.000-reddito)/(28.000-15.000) |
da 28.000 a 50.000 | 1.910* (50.000-reddito)/(50.000-28.000) |
oltre 50.000 | 0 |
A queste detrazioni si aggiunge poi il trattamento integrativo, ex bonus Renzi, del valore di 100 euro netti al mese (ma solo per 12 mensilità), erogato in favore di coloro che hanno un reddito compreso tra 8.175 e 15.000 euro.
E fin qui non cambia nulla con la legge di Bilancio 2025, che mantiene questa agevolazioni aggiungendone altre.
Nel dettaglio, per i redditi il cui importo annuo non supera i 20.000 euro si aggiunge un ulteriore trattamento integrativo, una sorta di bonus Meloni quindi, pari a:
- 7,1%, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
- 5,3%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non
- a 15.000 euro;
- 4,8%, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro.
Nella migliore delle ipotesi spetta un importo mensile di ulteriori 80 euro netti (per i redditi vicini alla soglia di 20.000 euro).
Per quanto riguarda i redditi superiori a 20.000 ma non a 40.000 euro viene maggiorata la detrazione sul reddito. A quanto detto sopra si aggiunge infatti un ulteriore riduzione dell’Irpef così calcolata:
- 1.000 euro l’anno per i redditi fino a 32.000 euro;
- per i redditi compresi tra 32.000 e 40.000 euro si applica invece la seguente formula:
1.000 * [(40.000 – Reddito complessivo)]/8.000
Dai nostri calcoli ne risulta che nella migliore delle ipotesi spetterà un bonus mensile di circa 83 euro, somma che andrà quindi a ridurre l’Irpef dovuta.
Le detrazioni per figli a carico nella busta paga 2025
A ridurre l’Irpef dovuta in busta paga interviene anche la detrazione per coniuge, figli o familiari a carico, come potete approfondire qui.
Anche qui però vanno segnalate delle novità, purtroppo non positive, con la cancellazione delle detrazioni per alcuni figli a carico – il cui importo viene così calcolato:
950 euro * [(95.000 – reddito complessivo)] / 95.000 euro
Nel dettaglio, la Manovra cancella il diritto alle detrazioni per i figli che seppure a carico (con reddito inferiore a 2.840,51 euro) hanno compiuto i 30 anni, eccezion fatta per quelli con disabilità.
Novità ci sono anche per gli altri familiari a carico, per i quali spetta una detrazione massima pari 750 euro l’anno che deve essere ripartita pro quota tra tutti gli aventi diritto. Dal 1° gennaio 2025 però questa verrà riconosciuta solamente per ciascun ascendente che convive con il contribuente (ad esempio al nonno per il nipote, purché conviventi).
Tutti coloro che invece non soddisfano questi requisiti perdono la detrazione dalla busta paga, dovendo così pagare più Irpef con la conseguente riduzione dell’importo dello stipendio netto.
La busta paga 2025 delle lavoratrici madri
A beneficiare delle novità in busta paga introdotte dalla legge di Bilancio 2025 sono soprattutto le lavoratrici madri che possono beneficiare dello sgravio contributivo a loro previsto, il cosiddetto bonus mamme in busta paga.
Nel dettaglio, oggi alle lavoratrici con 2 figli (di cui almeno uno minore di 10 anni) o almeno 3 figli (almeno uno minorenne) spetta uno sgravio contributivo fino a un massimo di 3.000 euro l’anno.
Tuttavia, per le lavoratrici con reddito fino a 35.000 euro questo sgravio è stato applicato in misura ridotta, in quanto l’aliquota contributiva era già più bassa per effetto del taglio al cuneo fiscale. Questo significa che una lavoratrice con reddito annuo fino a 25.000 euro ha risparmiato solo il 2,19% di contributi grazie al bonus mamme (1,80% se dipendente pubblica), mentre sopra questa soglia ma entro i 35.000 il risparmio è del 3,19% (2,80 per le dipendenti pubbliche).
Adesso che nel 2025 il taglio del cuneo fiscale viene riconosciuto sotto forma di sgravio fiscale e non più contributivo, queste beneficeranno di entrambi i vantaggi, ossia di un risparmio pieno dell’aliquota contributiva (9,19% o 8,80% a seconda che si tratti di lavoratrici private o del pubblico impiego) a cui si aggiunge una minore Irpef dovuta per effetto del nuovo trattamento integrativo o della maggiore detrazione prevista (a seconda del reddito percepito).
Attenzione però perché ciò vale solamente per le lavoratrici con almeno 3 figli di cui almeno uno minorenne, per le quali lo sgravio contributivo fino a 3.000 euro l’anno si applica sicuramente fino al 2026. Per le lavoratrici con solo 2 figli (di cui almeno uno minore di 10 anni) con un reddito fino a 40.000 euro, invece, la Manovra prevede sì una proroga ma non viene indicato un limite massimo: la norma, infatti, si limita a specificare che lo sgravio, spettante anche alle autonome, viene riconosciuto fino a esaurimento delle risorse (pari a 300 milioni di euro).
Non dovremo comunque attendere ancora molto per sapere quanto effettivamente si risparmia in busta paga: il limite massimo dello sgravio per le lavoratrici con solo 2 figli, infatti, verrà ufficializzato dal decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, da approvare di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di Bilancio 2025.
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