Oggi, leader di Hamas hanno incontrato funzionari della sicurezza egiziana al Cairo per discutere di un possibile cessate il fuoco nel conflitto in corso a Gaza – secondo fonti interne a Hamas.
Parallelamente, il premier israeliano Netanyahu ha convocato il proprio gabinetto di sicurezza per discutere su questa questione, secondo quanto riportato da portavoce del governo.
La visita al Cairo rappresenta la prima missione diplomatica di Hamas da quando – mercoledì scorso – gli Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione di intensificare i negoziati per un cessate il fuoco in collaborazione con il Qatar, Egitto e Turchia. L’accordo includerebbe anche un’intesa per il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas.
Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, ha dichiarato di ritenere più probabile un accordo in questa fase. “Hamas è isolato; Hezbollah non combatte più al suo fianco, e i loro sostenitori in Iran sono impegnati in altri conflitti“, ha detto Sullivan durante un’intervista alla CNN. Tuttavia, ha sottolineato che i progressi restano incerti:”Abbiamo sfiorato più volte un accordo, senza raggiungerlo“.
Nel frattempo, la situazione a Gaza continua a peggiorare. Nella giornata di oggi – domenica 1 dicembre – raid aerei israeliani hanno provocato almeno venti morti tra i palestinesi, secondo fonti mediche locali. Tra le vittime, sei persone sono decedute a Nuseirat, un campo profughi nel centro della Striscia, mentre altri attacchi hanno colpito abitazioni a Gaza City, Khan Yunis e Rafah. I residenti della zona nord di Gaza – inclusi Jabalia, Beit Lahiya e Beit Hanoun – hanno riferito che l’esercito israeliano ha distrutto gruppi di abitazioni.
Secondo fonti palestinesi, le operazioni israeliane sembrano mirare a creare una “zona cuscinetto” attraverso evacuazioni forzate e bombardamenti. Israele respinge con forza tali accuse, sostenendo che l’obiettivo resta combattere Hamas e impedire che si riorganizzi. L’esercito israeliano afferma di avere ucciso centinaia di militanti di Hamas nella zona, e di avere subito perdite con circa trenta soldati morti negli ultimi mesi.
La crisi umanitaria si aggrava ulteriormente,: l’UNRWA, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha sospeso le consegne di aiuti attraverso il valico di Kerem Shalom dopo che un convoglio è stato saccheggiato da gruppi armati a Gaza.
La stessa agenzia, ha accusato Israele in quanto potenza occupante, di non proteggere adeguatamente gli operatori umanitari e le forniture.
Da parte sua, l’esercito israeliano nega qualsiasi responsabilità, attribuendo i ritardi all’inefficienza delle Nazioni Unite.
Hamas chiede un cessate il fuoco per fermare la guerra, ma Israele insiste che il conflitto terminerà solo con l’eliminazione di Hamas. Intanto, due prigionieri palestinesi originari di Gaza, sono morti in custodia israeliana, secondo gruppi di advocacy per i detenuti. Israele, non ha lasciato alcun commento a riguardo.
A questo proposito, va menzionato come la detenzione amministrativa – applicata in maniera sistematica nella Striscia e nei territori occupati – consente di trattenere individui senza processi giudiziari formali – spesso giustificata da motivi di sicurezza nazionale e di ordine pubblico – e in contesti di profonda confusione come quello che vede la Striscia nell’attualità, risulta essere un elemento che alimenta la violenza nel territorio, in luogo di limitarla.
F.B.
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