Il Mase (ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica) ha comunicato agli organi regionali della Campania e del Molise e agli enti locali che si procederà per direttissima all’emanazione del decreto di perimetrazione e delle misure di salvaguardia del Parco del Matese. Il provvedimento ha fatto seguito alla sentenza numero 18581/2024 del Tar Lazio che aveva accolto il ricorso dell’associazione “Italia nostra”, mirata proprio a dare attuazione all’istituzione del parco naturale nazionale del Matese, che stabiliva che, entro 180 giorni dalla comunicazione il ministero dell’Ambiente adottasse le misure di salvaguardia per garantire la conservazione dello stato dei luoghi.
La sentenza del Tar era stata chiara perché aveva sottolineato «in caso di ulteriore inerzia nel provvedere entro il termine prestabilito a procedere, sarà nominato un commissario ad acta da individuare in seguito a un’ istanza della parte interessata».
Il Mase non ha atteso i 180 giorni concessi e ha blindato, nell’arco di soli 30 giorni, la posizione assunta dal Tribunale amministrativo del Lazio. L’attività costante sul territorio di “Italia nostra” ha consentito di superare l’impasse che per sette anni ha bloccato l’iter di realizzazione del Parco nazionale del Matese, che è stato avviato attraverso l’attuazione di una legge dello Stato del 2017. Nella perimentrazione sono coinvolte due regioni, la Campania e il Molise e 50 comuni tra i quali rientrano le sette località sannite di Sassinoro, Morcone, Pontelandolfo, Casalduni, San Lupo, Guardia Sanframondi e San Lorenzo Maggiore, cui l’Ispra ha aggiunto l’area naturalisicamente più interessante del comune di Castelvenere.
L’iter
L’autoesclusione dal perimetro del Parco richiesta dai Comuni di Pontelandolfo e di San Lupo, non è stata accolta dal Ministero dell’Ambiente perché eliminare alcuni territori dall’area protetta comporterebbe l’interruzione del perimetro e della tutela di aree fondamentali del massiccio del Matese, oltre alla frantumazione della zona Sic-Zsc, non contemplata dalle norme dell’Unione Europea.
Le opportunità che si aprono con l’istituzione del Parco riguardano diversi ambiti che spaziano tra la fiscalità agevolata, i bandi e i finanziamenti per l’imprenditoria compatibile e i green jobs, vale a dire quelle attività che mirano a salvaguardare la terra e il suo benessere, cercando di sostenere lo sviluppo umano senza però impattare in modo negativo sull’ambiente circostante. È chiaro che ci saranno dei vincoli che, in diverse occasioni, i sindaci coinvolti hanno stigmatizzato, temendo di non avere più il potere decisionale sui territori di loro competenza. Ma più che altro si tratta di regole stringenti che preservano le aree protette dalla possibilità di mettere in pratica dinamiche economiche autoctone e le difendo da iniziative predatorie e colonizzatrici
Infatti, per quanto si legge nel documento, nelle zone che rientrano nel perimetro del Parco sono vietati la cattura, l’uccisione, il danneggiamento e il disturbo della fauna selvatica a meno che non si tratti di prelievi faunistici e abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati; sono vietati sia la raccolta che il danneggiamento della flora, in tutte le sue forme; è vietato l’esercizio di cave, miniere e discariche, oltre all’asportazione di minerali, mentre quelle preesistenti potranno continuare l’attività, fino all’esaurimento, seguendo regole ben precise.
È vietata la realizzazione di nuovi edifici e il cambio di destinazione d’uso di quelli esistenti, mentre è previsto il recupero dei fabbricati preesistenti; è vietata l’installazione di impianti tecnologici che possano alterare la morfologia del suolo, del paesaggio e gli equilibri ecologici e biogeochimici. Ora l’italia, che ha il 21,7% delle aree protette fa un passo avanti verso quel 30% richiesto dall’unione europea.
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