L’orologio della storia si è fermato. Per lasciar spazio ad altro, il cui cammino sarà scandito da un segnatempo diverso: a protagonisti di una mobilità più “verde”. Più politically correct. Ma molto meno romantica. Lo stabilimento Piaggio di Pontedera, dove tutto era iniziato 76 anni fa, mentre l’Italia rialzava faticosamente la testa dopo lo scempio tragico della seconda guerra mondiale, dice addio alla produzione dell’Ape. Quel buffo trabiccolo a tre ruote nato da una costola della Vespa e diventato a sua volta un successo globale, con oltre due milioni di modelli venduti nei cinque continenti, d’ora in poi sarà realizzato esclusivamente in India; per il mercato locale e per quello africano, le cui normative in fatto di sicurezza e inquinamento sono meno stringenti che in Europa.
Stop produzione Ape per le direttive antinquinamento
Il fermo della produzione dell’Ape in quella che è stata la sua casa è qualcosa che colpisce anche i sindacati. Che però fanno sapere di “aver avuto rassicurazioni sul fatto che ci sono altri modelli da sviluppare, su cui investire“. Al di là dell’aspetto romantico del legame col territorio, quella appena presa, è una scelta in qualche modo obbligata. Con le attuali normative UE non ci sono più margini per produrre in Italia. L’Ape è un Euro 4 a due tempi, immaginare un due tempi Euro 5 è una cosa decisamente complicata dal punto di vista della meccanica. Così Piaggio ha deciso di fermarsi. Nella storica fabbrica toscana saranno riconvertite le linee, così da produrre il Porter, il veicolo commerciale che ne ha ereditato il mercato. Tuttavia nei magazzini ci sono ancora ampie scorte e quindi, tramite i concessionari, la vendita continuerà anche in Italia. La produzione andrà invece avanti in India dove esiste anche la versione elettrica, con entrambi i modelli che stanno dando ottimi risultati.
Sotto i riflettori da quasi 80 anni
Ciò non toglie nulla alla sacralità di un “lutto”, seppur annunciato; alla fine di un iconico ciclo vita iniziato nel lontano 1948, anno in cui entra in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana e l’11 maggio Luigi Einaudi è eletto Presidente, Gino Bartali vince per la seconda volta il Tour de France e gli Oscar vanno a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica, all’Amleto e a Laurence Olivier. Quando tra i capannoni dell’azienda già nota per aver lanciato due anni prima la Vespa nasce un’idea altrettanto semplice e rivoluzionaria: un veicolo pensato per trainare l’Italia fuori dalle macerie del dopoguerra. Così prende vita l’Ape, il tre ruote che sarebbe diventato il simbolo di una nazione con una gran voglia di rialzare la testa. Pensato da Corradino D’Ascanio, lo stesso ingegnere che aveva progettato la Vespa, l’Ape si presentava come un piccolo furgone su misura per artigiani, contadini e commercianti, ma ben presto divenne qualcosa di più: un emblema di lavoro, speranza e resilienza.
Icona della cultura pop
Col suo motore a due tempi e il cassone posteriore, univa praticità e accessibilità economica. Nei mercati cittadini e nelle campagne, l’Ape si rivelò un alleato indispensabile: bastavano pochi litri di carburante per trasportare casse di frutta, attrezzi agricoli o addirittura intere famiglie. Grazie alle sue dimensioni compatte, riusciva a percorrere vicoli stretti e strade sterrate, conquistando il cuore degli italiani. Senza rimanere però confinata all’Italia. Dagli anni ’50 in poi il suo design unico e la sua praticità l’hanno reso popolare in Europa, Asia e America Latina. In India, ad esempio, è rapidamente divenuta un pilastro del trasporto pubblico, trasformandosi in un’icona urbana delle caotiche metropoli asiatiche. E nei decenni successivi è assurta anche al ruolo di protagonista della cultura pop, apparendo in film, spot pubblicitari e mostre di design.
Leggenda che ancora ispira
Ancora oggi, a oltre 75 anni dal suo debutto, l’Ape continua a reinventarsi. Le ultime versioni elettriche e i modelli vintage trasformati in food truck o boutique mobili dimostrano la capacità di questo piccolo gigante di adattarsi ai tempi, senza mai perdere la sua anima. E’ una leggenda che continua a ispirare. E ogni volta che l’inconfondibile mitragliante scoppiettio del suo motore irrompe sulle strade, ci ricorda chi siamo: un popolo capace di costruire il proprio destino, alla bisogna, anche su tre sole ruote.
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