Nei casi particolari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, va computato anche il periodo di convivenza prematrimoniale (Corte di Cassazione, I civile, ordinanza 28 novembre 2024, n. 30602).
La vicenda
La donna instaura richiesta di separazione giudiziale con addebito e il Tribunale, respinta la domanda di addebito, pronunciava la separazione personale ponendo a carico del marito l’obbligo di corrispondere alla controparte un assegno di mantenimento di 900 euro mensili, successivamente ridotto a 500 euro mensili.
La Corte di appello di Roma confermava la pronuncia resa in primo grado riconoscendo l’assegno divorzile in favore della signora per il ridotto importo di euro 500 mensili.
La Corte di appello accertava lo squilibrio economico fra le parti rilevando un dato documentalmente non contestato costituito dai rispettivi redditi da pensione dei due ex coniugi. In particolare, evidenziava che l’ex marito percepiva un reddito da pensione di circa 5.000 euro mensili mentre la ex moglie percepiva una pensione di circa 1.850 euro mensili.
I Giudici di appello, inoltre, confermavano le argomentazioni già svolte in primo grado relativamente ai sacrifici e alle rinunce anche professionali della signora in costanza di matrimonio che hanno consentito all’ex marito di progredire in carriera. Tale circostanza induceva il Giudice di prime cure e quello di appello a riconoscere alla ex coniuge un assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa.
Il ricorso in Cassazione
L’ex marito propone ricorso per Cassazione dolendosi del fatto che la Corte di appello ha stigmatizzato l’omesso deposito della documentazione reddituale aggiornata come richiesta dal giudicante, laddove viceversa lo stesso prima dell’udienza presidenziale avrebbe versato in atti tutta la documentazione richiesta. Eccepisce inoltre omessa interpretazione dei redditi e omessa valutazione della reale durata del matrimonio. In particolare il ricorrente rileva che dal matrimonio contratto nel 1997 fino alla udienza presidenziale di separazione del 2011 sarebbero decorsi soltanto 7 anni, per cui andrebbe applicata la giurisprudenza che limita sensibilmente il riconoscimento dell’assegno divorzile in considerazione della breve durata del matrimonio.
La Cassazione accerta che le determinazioni della Corte di appello sono corrette e rigetta l’impugnazione dell’uomo.
Il Giudice di merito per accertare l’adeguatezza dei mezzi dei coniugi ha svolto una la valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.
La funzione compensativa e perequativa dell’assegno divorzile
Le Sezioni Unite hanno evidenziato come il Giudice debba, ai fini dell’attribuzione dell’assegno divorzile, accertare “se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro”.
E ancora, con la ordinanza del 30 agosto 2019, n. 21926, la Cassazione ha ribadito che l’assegno di divorzio ha una funzione assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, come indicato dalle Sezioni Unite. E presuppone l’accertamento di uno squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economiche patrimoniali delle parti, riconducibile in via esclusiva o prevalente alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti della coppia coniugata, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi.
Tale percorso risulta chiaro nella motivazione resa dalla Corte di appello che ha ritenuto sussistenti i c.d. prerequisiti fattuali del diritto ossia: la sperequazione economica di non modesta entità fra i coniugi all’esito di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Difatti, già dal differente trattamento pensionistico delle parti sono giustificate le conclusioni cui è pervenuta la Corte di appello in ordine alla sussistenza dello squilibrio economico patrimoniale ai fini del riconoscimento dell’assegno di divorzio.
La durata “breve” del matrimonio e il periodo di convivenza
Venendo alla dedotta “breve” durata del matrimonio, addotta dal ricorrente ai fini della determinazione dell’importo mensile del mantenimento alla moglie, la Cassazione evidenzia che nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a un periodo di convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase di “fatto” di quella medesima unione e la fase “giuridica” del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi (Cass. Sez. U, Sentenza n. 35385 del 18/12/2023).
Quindi, correttamente, i Giudici di merito hanno considerato, oltre ai 7 anni di vita coniugale, anche la convivenza more uxorio durata circa 8 anni.
Conclusivamente, la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei principi consolidati in materia di riconoscimento dell’assegno divorzile.
Avv. Emanuela Foligno
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