Reggio Emilia, 4 dicembre 2024 – Sta ricevendo complimenti da ogni parte: non solo da amici e conoscenti, ma anche da autorità e personalità pubbliche. Non si ritiene un “eroe”, ma ogni ora che passa si rende sempre più conto del valore del suo gesto compiuto lunedì mattina a Guastalla quando ha aiutato una donna che veniva aggredita dall’ex fidanzato, permettendo di evitare l’ennesimo caso di femminicidio.
Alen Halilovic, famiglia di origine bosniaca, ha 21 anni. Nato in Italia, ha sempre vissuto nel Veronese, dove risiede. Non ha esitato, alle 11,25 di lunedì scorso, a intervenire per fermare un uomo di 41 anni, residente a Castelfranco Emilia, che stava aggredendo l’ex fidanzata con un coltello da cucina, ferendola al collo.
Alen, come si sente a ricevere tutti questi complimenti?
“Per me è una cosa strana. Subito non credevo di aver fatto chissà cosa. Mi sono comportato con l’atteggiamento che qualunque persona dovrebbe avere in certe situazioni. Ho aiutato una persona in difficoltà. Ma da ieri mattina ho il telefono e la messaggeria intasati. Mi stanno arrivando moltissimi messaggi e telefonate. Questo mi rende orgoglioso, ma non mi sento affatto un… eroe”.
C’è qualche messaggio che le ha fatto particolarmente piacere?
“Poco ma mi sono arrivati i complimenti del sindaco di Verona, Damiano Tommasi. Mi ha scritto: ‘La ringrazio per il gesto dal senso di altruismo e responsabilità che ha compiuto e che mi rende orgoglioso di rappresenta città che esprime questi valori’. E mi chiede la possibilità di incontrarmi per un riconoscimento. Lo stesso invito mi è giunto dai sindaci di Castelfranco Emilia, dove risiede l’aggressore, e di Guastalla, il luogo dove si è verificato il fatto, lunedì mattina. Ovviamente mi ha fatto immenso piacere il ringraziamento arrivato dai familiari della donna che ho soccorso. La madre e il fratello, in particolare, mi hanno reso orgoglioso del mio gesto”.
Non tutti però si sono fermati lunedì mattina per darle una mano.
“Già. Nonostante ci fosse l’incrocio stradale bloccato dal Bmw del 41enne, un altro camion, il mio autocarro, a decine, che erano incolonnati dietro di noi, hanno preferito restare inermi, oppure cercare di raggiungere la strada andando contromano, senza però dare un aiuto a quella donna in pericolo. Questo, ogni volta che ci penso, non mi rende sereno. E dire che quell’uomo a cavalcioni sulla donna, con atteggiamento violento, era molto chiaro. Non l’ho affrontato subito perché ho visto che aveva in mano un grosso coltello. Quando ha appoggiato a terra l’arma da taglio, mi sono avvicinato e ho cominciato a spingerlo via, lontano dalla donna. E quando ha visto l’arrivo di un equipaggio della Croce rossa, che si era fermato pensando ci fosse un incidente stradale, allora quell’uomo ha deciso di scappare via in fretta”.
Come mai ha deciso da subito di filmare la scena di quell’azione violenta?
“Quando viaggio, per lavoro, ho sempre il telefonino sul cruscotto. Mentre mi avvicinavo ho istintivamente pigiato il play della registrazione video. Poi l’ho spento un attimo quando sono sceso e ho riavviato la registrazione subito dopo. Ho pensato che fosse un modo per poter documentare quello che stava succedendo, per poter fornire delle prove concrete agli investigatori, qualunque fosse stato l’esito di quell’episodio. Già in passato, da ragazzino, mi era capitato, in caso di qualche momento di tensione in discoteca, di filmare la scena per poter avere prove in caso di bisogno. E pure stavolta ho fatto lo stesso”.
Rifarebbe ancora ciò che ha fatto?
“Certo. Una, dieci, anche cento volte. Ho sempre pensato male degli uomini violenti con le donne. Pensi che quando mi è capitato di sentire o leggere di femminicidi, spesso ho pensato che se fossi stato presente avrei potuto fare qualcosa per evitare il dramma. Ora è capitato e sono intervenuto. Anche per il caso di Giulia Cecchettin, leggendo la notizia riflettevo: se fossi passato in quel momento avrei potuto salvare quella giovane donna. E così anche per altri casi simili, che purtroppo riempiono le pagine di cronaca nera”.
Ma non teme che l’indagato possa vendicarsi del suo gesto, per averlo affrontato in quel momento?
“È stata pure la preoccupazione di mia madre. Ma non ho paura. Che venga pure, se vuole. Ho praticato arti marziali e sono in grado di difendermi. Ma credo che quell’uomo ora abbia ben altro a cui pensare che a venire a vendicarsi per il mio gesto di aiuto a una persona in difficoltà…”.
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