È tempo di disgelo tra il governo e Stellantis. Dopo le dimissioni di Carlos Tavares si apre, infatti, una nuova fase. Il colloquio telefonico di due giorni fa tra John Elkann e il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, rappresenta un buon auspicio per il tavolo convocato il 17 dicembre al Mimit, al quale prenderà parte il capo europeo del gruppo, Jean Philippe Imparato. L’obiettivo di entrambe le parti è arrivare a una conclusione positiva del confronto che è in atto da mesi. La convinzione di Via Veneto è che ci sia la disponibilità a un cambio di rotta importante da parte di Stellantis, con l’apertura di una nuova stagione improntata alla collaborazione e il ritorno a una centralità italiana del progetto industriale della casa automobilistica erede della Fiat. L’esecutivo è pronto a proporre una sorta di «Piano Italia» e c’è la convinzione che Imparato abbia il mandato per chiudere.
Ci sono tre punti su cui il governo pretende garanzie. Innanzitutto la promessa che il nuovo stabilimento che dovrà produrre le city car venga ospitato in Italia, magari rilanciando lo stabilimento di Pomigliano. Inoltre, per sbloccare i contratti di sviluppo bloccati al ministero, il governo chiede che non siano previsti tagli all’occupazione in Italia. Infine, occorre rilanciare il progetto della gigafactory (batterie per veicoli elettrici) di Termoli. Se queste condizioni saranno soddisfatte e, dunque, se i livelli occupazionali saranno mantenuti, il governo ha intenzione di non far mancare i finanziamenti ad hoc. Si tratta di un impegno importante, poiché alcuni progetti erano destinatari di fondi Pnrr, ma sono stati definanziati in mancanza di precise garanzie da parte di Tavares.
Un passo avanti l’esecutivo, nella persona del ministro Urso, lo ha già compiuto. Il rifinanziamento del Fondo automotive, decurtato di 4,6 miliardi (dai 5,7 iniziali) dalla legge di Bilancio 2025 può essere rimpinguato. Il Tesoro è disponibile a raddoppiare le risorse per l’anno prossimo da 200 a 400 milioni. A questi si aggiungerebbero 240 milioni residuati dagli incentivi. Ma questa volta i fondi non andrebbero ai consumatori, bensì alla filiera italiana dell’automotive per progetti ad hoc. Circa 650 milioni per le imprese del comparto. Non è poco e, soprattutto, si può tamponare l’emergenza.
C’è poi la scommessa sulla revisione delle regole sull’elettrico in sede europea. L’esecutivo non vuole cancellare la scadenza al 2035 per la transizione della produzione verso le auto a emissioni zero, ma vuole introdurre il principio della neutralità tecnologica , con il via libera quindi alle auto a idrogeno o altre soluzioni equivalenti e rivedere il sistema delle sanzioni. Hanno aderito alla proposta italiana quindici Paesi più le tre principali Confindustrie (Italia, Germania, Francia) e nelle ultime ore c’è stata l’adesione del Ppe. «Il paradosso», spiegano dal Mimit, «era che Stellantis non lo appoggiava, ma ora le condizioni ci sono». È la stessa Giorgia Meloni, intervenendo all’assemblea di Alis, a mettere nero su bianco le intenzioni dell’esecutivo. «L’Italia è capofila in Europa di un non paper sull’automotive per rivedere quelle norme che rischiano di mettere in ginocchio l’industria europea dell’auto e di riaffermare il principio della neutralità tecnologica. Noi siamo convinti che vadano usate e sostenute tutte le tecnologie che contribuiscono ad abbattere le emissioni senza chiusure ideologiche dannose per le filiere», ha detto la premier.
Per il momento, però, il presidente Stellantis, John Elkann, non si farà ascoltare dalla Camera. «A fronte della mia rinnovata richiesta di audizione, ha ringraziato per l’attenzione che il Parlamento continua a riservare, ma in questa fase ha tuttavia asserito di attendere la chiusura del tavolo di interlocuzione con il Mimit», ha spiegato Alberto Gusmeroli, presidente commissione Attività produttive della Camera, aggiungendo che per Elkann «sarà possibile individuare un momento successivo di confronto istituzionale, come anche richiesto dalle mozioni presentate in Parlamento».
Marco Osnato, presidente Commissione Finanze, che segue da vicino il dossier, è ottimista. «Può aprirsi una stagione nuova. È chiaro che molto passa dalla revisione delle regole europee. Speriamo che la Germania capisca che sono loro i primi a essere danneggiati», ha detto.
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