Orientamenti giurisprudenziali |
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Conformi: |
Cass. Civ., sez. I, 2 luglio 2024, n. 18141 Cass. Civ., sez. VI – 1, 1 dicembre 2022, n, 35381 Cass. Civ. sez. I, 20 gennaio 2021, n. 980 Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2019, 34106 Cass. Civ., sez. I, 15 aprile 2019, n. 10509 |
Difformi: |
Non si rinvengono precedenti difformi |
Nel caso in esame la Corte di Appello di Ancona si è pronunciata in merito all’esistenza dei presupposti per l’apertura della liquidazione giudiziale.
Il Tribunale di Macerata ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale di una s.r.l. La società ha proposto reclamo, censurando la sentenza impugnata, tra le altre cose, nella parte in cui ha ritenuto superati i requisiti dimensionali di cui all’art. 2, comma 1 lett. d), C.C.I.I. Secondo quanto è dato leggere nella sentenza in commento, la società ha tentato di evitare la dichiarazione di insolvenza producendo i bilanci degli ultimi tre esercizi, che, tuttavia, non erano stati depositati presso il registro delle imprese.
Si sono costituiti in giudizio i creditori ricorrenti e la curatela della liquidazione giudiziale, insistendo per la conferma della sentenza reclamata.
La Corte di Appello di Ancona ha rigettato il reclamo, ritenendo che la società non avesse dimostrato il possesso congiunto dei requisiti richiesti dalla legge.
Il problema posto all’attenzione della corte di merito riguarda l’onere della prova gravante sul debitore nei cui confronti sia stata chiesta l’apertura della liquidazione giudiziale.
Come è noto, in base alla disciplina vigente è impresa minore, come tale non soggetta alla dichiarazione di liquidazione giudiziale l’impresa che nei tre anni antecedenti il ricorso presentato dal creditore o l’inizio dell’attività, se di durata inferiore, sia in possesso dei seguenti requisiti:
1) attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad € 300.000,00; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad € 200.000,00; 3) ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad € 500.000,00. |
È sufficiente che l’impresa superi anche una delle soglie indicate dalla legge per essere esclusa dal novero delle imprese minori.
La norma ricalca il contenuto dell’art. 1, comma 2, legge fallim. relativo alla non assoggettabilità a fallimento dell’imprenditore.
La parte che propone ricorso per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale deve allegare e dimostrare lasussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi idonei a dimostrare l’assoggettabilità del debitore alla procedura concorsuale; invece, spetta a quest’ultimo l’onere di provare di essere al di sotto delle soglie indicate dalla legge.
La giurisprudenza formatasi nel vigore della legislazione precedente ha in più occasioni affermato che i bilanci degli ultimi tre esercizi, regolarmente approvati e depositati nel registro delle imprese, costituiscono il mezzo privilegiato per dimostrare la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa (Cass. Civ., sez. I, 2 luglio 2024, n. 18141; Cass. Civ. sez. I, 20 gennaio 2021, n. 980; Cass. Civ., sez. I, 15 aprile 2019, n. 10509).
Tuttavia, dal punto di vista probatorio la presenza dei requisiti di non assoggettabilità a liquidazione giudiziale costituisce un campo di indagine aperto e disponibile, ove rileva la rappresentazione dei fatti, nonché dei dati economici e patrimoniali dell’impresa (Cass. Civ., sez. I, 9 novembre 2020, n. 25025; Cass. Civ., sez. I 15 aprile 2019, n. 10509; Cass. Civ., sez. I, 11 marzo 2019, n. 6991). Da ciò ne deriva che qualora i bilanci manchino o comunque siano stati redatti ma non depositati, il debitore può adempiere il proprio onere probatorio facendo ricorso a strumenti alternativi, come le scritture contabili o qualunque altro documento suscettibile di rappresentare i fatti e i dati economici e patrimoniali dell’impresa (Cass. Civ., sez. VI – 1, 1 dicembre 2022, n, 35381; Cass. Civ., sez. I, 26 novembre 2018, n. 30541); ciò in quanto lo scopo perseguito non è quello di sanzionare il debitore che non abbia depositato il bilancio di esercizio, quanto piuttosto quello di esentare dalla procedura concorsuale le imprese di modeste dimensioni (Cass. Civ., sez. VI – 1, 1 aprile 2021, n. 9045).
Nel caso in esame, la Corte di Appello di Ancona ha affermato che i bilanci prodotti dalla debitrice, in quanto non depositati presso il registro delle imprese, sono inattendibili. Secondo il ragionamento della Corte, l’impossibilità di fare riferimento ai dati contenuti nei suddetti bilanci trova la propria giustificazione nella circostanza per cui la contabilità della società era pressoché inesistente.
Le conclusioni cui sono pervenuti i giudici dorici appaiono condivisibili se solo si considera che ciascun imprenditore ha il dovere di tenere le scritture contabili previste dalla legge e di redigere il bilancio. In caso di ricorso per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, i bilanci che il debitore è tenuto a depositare sono quelli già approvati e depositati presso il registro delle imprese (Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2019, 34106). Laddove il deposito non sia stato effettuato, l’esame dei bilanci comunque redatti, può ingenerare dubbi circa la loro attendibilità; di conseguenza, il giudice può non tenerne conto, fermo restando che il debitore è comunque onerato di fornire la prova richiesta dalla legge (Cass. Civ., sez. I, 13 febbraio 2019, n. 4245).
Nel caso in esame, la debitrice non solo non ha redatto il bilancio di esercizio per oltre nove anni, ma non ha neanche tenuto regolarmente le scritture contabili; pertanto, non è stata in grado di dimostrare il possesso congiunto dei requisiti di cui all’art. 2, comma 1 lett. d), C.C.I.I. e, conseguentemente, è stata dichiarata insolvente.
Riferimenti normativi:
Art. 2, comma 1 lett. d), CCII
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