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Divieto di «key box» per i 7.500 alloggi Airbnb di Torino. Gli host: «Perde il turismo. C’erano altre soluzioni» #finsubito prestito immediato


di
Teresa Cioffi

La misura per evitare check in «in remoto» senza controllo dei documenti. I gestori: «A Torino più visitatori che posti letto in hotel, saremo costretti ad  aumentare gli affitti. La sicurezza? Si possono usare app e totem hi-tech»

Il Viminale vieta il self check-in e gli host torinesi non ci stanno. Ormai sono bandite tutte le forme di «identificazione da remoto» e le key box, le ormai onnipresenti scatoline a combinazioni on le chiavi.  Modalità usate dalla maggioranza e ufficialmente condannate dal Ministero dell’Interno perché non risponderebbero alla «necessità di attuare stringenti misure finalizzate a prevenire rischi per l’ordine e la pubblica sicurezza».

Per gli host torinesi, invece, si tratta di un obbligo che non guarda al futuro. Piuttosto torna indietro nel tempo. 





















































Quanto pesano gli Airbnb a Torino

Sono oltre 15 mila le abitazioni in Piemonte offerte ai turisti con la formula Airbnb, riassumeva Corriere Torino ad agosto. Vale a dire, in Piemonte, 32 mila camere per oltre 66 mila posti letto (Con Torino e provincia che pesano circa per la metà).

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Per Airbnb la crescita, in regione in Piemonte è stata fra il 2022 e il 2024 di quasi il 60% in termini di strutture (da 9.654 a 15.440), oltre il 64% di camere in più (da 19.630 a 32.205), sopra il 60% per quanto riguarda i posti letto (da 41.427 a 66.520). Limitandosi a Torino la crescita è addirittura del 196%: in città sulla piattaforma degli affitti brevi ci sono 7.500 Airbnb: quasi un alloggio su 66 è destinato all’ospitalità turistica.

La risposta degli host

«Le regole sul riconoscimento, fino a oggi, sono state definite da una norma del 1931 – dice Valerio Nicastro, presidente di Host Italia –. Norma che ovviamente richiedeva l’identificazione di persona, unica modalità possibile ai tempi. Ora il mondo è diverso. Oltre al fatto che l’identità di ogni ospite viene sempre segnalata alla Questura, bisognerebbe considerare che la tecnologia ci ha regalato strumenti utili, veloci e sicuri per il riconoscimento degli ospiti. Parlo di applicazioni, di totem per l’autenticazione, di video-chiamate».

Ecco che l’obbligo dell’identificazione appare non solo anacronistico ma anche controproducente: per i proprietari si traduce in una perdita di tempo e in maggiori costi. E c’è chi sostiene che il business degli affitti brevi verrà effettivamente danneggiato. Così come rischia di essere danneggiata tutta la città, che si fa forte di una vocazione turistica che, però, necessita di un numero adeguato di strutture di accoglienza. 

«A Torino gli alberghi non possono rispondere alla domanda turistica in crescita – sottolinea Nicastro –. Non sono abbastanza. In città contiamo circa 5mila affitti brevi ma con l’obbligo del check-in fisico diminuiranno». Ci si immagina anche un aumento dei prezzi a notte.

Se i proprietari delle strutture saranno obbligati a spostarsi a ogni check-in, ne conseguirà una spesa che graverà sulle spalle dei turisti. E tutto ciò accade in una Torino che viene scelta anche per i suoi prezzi competitivi.

La questione del riconoscimento in presenza tocca in particolare chi gestisce più strutture come nel caso di Andrea Macrì, che ha investito a Lingotto. Non potrà più affidarsi alle key box e dovrà ri-organizzare le proprie giornate a seconda degli arrivi: «Un obbligo assurdo – dice –. Come fare con gli ospiti che arrivano a tarda notte? E chi non abita vicino all’appartamento che affitta? Ora non sarà più possibile utilizzare key box, nemmeno le più sicure e tecnologiche. Invece di vietarle sarebbe bene regolamentare strumenti che fanno parte del presente e del domani. E chi voleva investire nel settore ora ci penserà due volte. Oltretutto siamo l’unico Paese in Europa a adottare queste regole».

Gli unici a vietarle in Europa

Dello stesso parere Cristina Rondolina, che gestisce tra le venti e le trenta unità. Racconta che nel resto del mondo il self check-in è sdoganato: «Gli stranieri si stupiscono quando li accolgo personalmente, non sono abituati – dice –. Un altro nodo della questione è che, va bene il riconoscimento in presenza, ma non abbiamo modo di controllare se in struttura entrano persone non autorizzate. Dunque, la questione della sicurezza perde forza perché, potenzialmente, un ospite potrebbe far entrare chiunque. In generale: non è il caso di tornare al Medioevo, ci sono tanti strumenti che possono essere utilizzati».

5 dicembre 2024 ( modifica il 6 dicembre 2024 | 15:17)



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