Polemica a Treviso dopo la morte di un 53enne, Marco Magrin, un uomo in difficoltà economiche che viveva ai margini della società, in un garage, dopo essersi visto costretto a lasciare l’appartamento in affitto che occupava, di proprietà di un esponente no global.
Le prime bordate contro il proprietario dell’immobile, Andrea Berta, che col centro sociale Diango si batte contro gli sfratti e per il diritto alla casa, erano già partite da Fratelli d’Italia, che, con il senatore veneziano Raffaele Speranzon, aveva messo all’indice il giovane attivista: «Il povero Marco Magrin – aveva scritto Speranzon – è stato ucciso da un’indifferenza sinistra. Se il militante di estrema sinistra era a conoscenza dello stato di indigenza di Magrin, perché invece di segnalarlo ai servizi sociali quando andava in Comune a protestare contro gli sfratti, ha preferito cambiare la serratura?».
Il Comune di Treviso ha affidato alla polizia locale ulteriori verifiche sul caso, mentre il sindaco leghista Mario Conte si è detto convinto che vi siano «diversi aspetti da chiarire» e di vedere le condizioni sufficienti «per presentare un esposto». Una delle domande che l’amministrazione pone, in particolare, è perché, sapendo dello stato di indigenza di Magrin, il proprietario non l’avesse segnalato ai servizi sociali.
Completamente diversa la versione di Andrea Berta. «Non c’è stato nessuno sfratto» dell’inquilino, dice. L’uomo aveva ereditato l’immobile da una zia, e intendeva metterlo in vendita. Sapendo delle difficili condizioni di Magrin, aveva lasciato l’appartamento in comodato d’uso gratuito. La casa in precedenza aveva ospitato anche la moglie di Magrin, una donna seguita dai servizi sociali, e altri soggetti saltuari. Nell’aprile scorso Berta aveva inviato con il proprio avvocato una lettera con la quale chiedeva «la riconsegna delle chiavi». Magrin, però, avrebbe continuato ad abitarvi gratuitamente almeno sino alla fine dell’estate 2024.
In seguito, è la ricostruzione di Berta, gli aveva assicurato di aver avuto un nuovo lavoro e di poter trovare un’altra soluzione abitativa. Forse una piccola bugia dettata dall’orgoglio, dato che la “soluzione” invece l’aveva trovata nel garage sottostante l’appartamento, dove poi è morto. Tra proprietario e inquilino – è sempre il racconto di Berta – non c’erano stati più contatti. Così, trovata la casa liberata, l’uomo aveva deciso di cambiare la serratura dell’appartamento.
«Da parte mia – ha detto l’uomo – non c’è stato nessuno sfratto, dopo aver appurato che non c’era più nessuno in quell’appartamento ho iniziato a cercare una ditta per la disinfestazione e ho cambiato la serratura per evitare che altri, eventualmente entrati in possesso delle chiavi, vi entrassero».
(Unioneonline)
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