L’Osservatorio Aria Business ha intervistato più di 300 responsabili HR italiani assieme ad Astra Ricerche con l’obiettivo di delineare un quadro generale del rapporto tra Generazione Z e lavoro. Il risultato è che molti giovani hanno competenze digitali, che nel mercato del lavoro odierno sono sempre più essenziali, e il desiderio di avere una posizione quanto più flessibile possibile. Ma d’altra parte hanno anche una visione fortemente individualista, con poca propensione a lavorare in squadra e una sopravvalutazione delle proprie capacità.
Il rapporto tra la Generazione Z e il lavoro: ricerca di flessibilità e obiettivi, ma tendenza all’individualismo
Il 76% degli HR ha rivelato che i giovani candidati preferiscono lavorare in base agli obiettivi, con benefit personalizzati in cima alla lista. Tra questi i più richiesti sono i bonus economici, corsi di formazione e dispositivi tecnologici personali, in quanto sono stati indicati dal 68% degli intervistati.
Emerge poi la volontà dei giovani di avere un lavoro flessibile che comprende anche la possibilità di svolgere la propria attività da remoto in smart working, considerato ormai irrinunciabile dalla maggior parte dei lavoratori. Essere in grado di gestire il proprio tempo e avere degli obiettivi specifici pare contribuiscano a creare un ambiente di lavoro stimolante e favorisce la crescita personale e professionale.
Per il 64% i giovani lavoratori appartenenti alla Gen Z sopravvalutano le proprie capacità e preferiscono di gran lunga lavorare in autonomia che in team. Infatti molti HR sostengono che soltanto il 31% dei lavoratori giovani si rivelano bravi a lavorare assieme ai colleghi.
L’assenza di obiettivi, benefit e una retribuzione adeguata sono i principali motivi per cui i candidati rifiutano un’offerta di lavoro, che spesso viene mandata tramite le AI. Infatti 7 HR su 10 utilizzano le intelligenze artificiali nella ricerca di personale, e molti dipendenti vedono questi strumenti come una tecnologia che aiuta a semplificare e ottimizzare il lavoro.
La propensione dei ragazzi all’individualismo non va a braccetto con la volontà delle aziende di avere lavoratori disposti a lavorare in squadra. C’è quindi bisogno che entrambe le parti intrattengano un dialogo più aperto per venirsi incontro.
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