Firenze, 8 dicembre 2024 – “Lei mi chiede di cosa ha bisogno Firenze?”. Sospira Padre Giuseppe Pagano, vedetta morale della basilica di Santo Spirito – il rione più contraddittorio di una città che delle contraddizioni sta facendo la sua cifra stilistica – poi soffia via una ricetta antica: “Firenze dovrebbe fermarsi un attimo, incontrare qualcosa di diverso”.
E dove può trovarlo?
“Nelle piccole cose, superando per un attimo gli interessi personali. Perché qui sta passando il messaggio che uno entra in città e può fare quello che gli pare. Ma paradossalmente questo è il contrario della libertà”.
Firenze è diventata egoista?
“Sta venendo meno il senso dell’altro. Ormai i più forti vincono sempre e questo lo vedo anche dal mio piccolo osservatorio, qui in Santo Spirito”.
Cosa succede?
“Le faccio un piccolo esempio. Per dar spazio ai tavolini hanno fatto spostare gli ambulanti dall’altra parte della piazza, qui vicino alla basilica dove c’è meno passaggio di gente. Ebbene ho visto venditori piangere perché a fine giornata gli incassi non arrivavano a coprire la spesa per il suolo pubblico”.
Una città dove le disparità aumentano non è una città felice, giusto?
“Firenze vende felicità, ma oggi felice non lo è. Pensa solo a sballarsi, non rallenta. Quando arrivai qui, nel 2009, non era così. Ora è frenetica. Non si riesce neanche a camminare. Quando esco non vedo l’ora di tornare in convento”.
Eppure saremmo in un contesto tutto da contemplare.
“Certo, invece vedo gente che arriva da fuori per visitare la città rimanere esterrefatta. Vengono qui e non si aspettano questa frenesia, questa corsa all’arricchimento e basta. Firenze dovrebbe offrire serenità, bellezza. Bisogna starci nella città, goderla. Non correre sempre”.
Lei nel chiostro vieta l’uso degli smartphone.
“Certo, chiediamo di non scattare neanche fotografie. Deve esserci raccoglimento. L’altro giorno dei visitatori sono rimasti estasiati dal nostro albero, il ginkgo biloba con tutte le foglie gialle. Una cosa semplice che dà gioia. E’ un momento difficile per il mondo. Ci sono divisioni, pericoli, conflitti. Ma io credo che staccare la spina, volare in alto non significhi disimpegno. Al contrario è un atto d’amore”.
Secondo lei quanto questa città frenetica è legata allo sviluppo vorticoso del turismo?
“Ci siamo svenduti. Nel mio piccolo cerco di porre un freno”.
In che modo?
“Quando le agenzie matrimoniali ci contattano per chiederci di organizzare le nozze in basilica dico sempre di no. Perché il matrimonio va preparato insieme alle persone che devono sposarsi, altrimenti perdiamo ogni tipo di contatto umano”.
Padre Bernardo, abate di San Miniato, ha inquadrato il problema del turismo quasi fosse un ingombro fisico. Per lui la ruota panoramica è pessima.
“La penso come lui, è un pugno in un occhio ma è solo un mio parere. Quando qualcuno vuol osservare Firenze dall’alto preferisco portarlo sul campanile”.
Santo Spirito, nella storia, è stato il rione più genuino e verace della città. Ora sembra un non-luogo. Tutto perduto?
“No, se tutti remiamo nella stessa direzione. Questa amministrazione Funaro è giovane e può trovare la forza per rimettere qualcosa a posto. Quello del governatore Giani che ha chiesto al ministro di riconsiderare l’assegnazione a una società del convento e approvare il progetto dei frati agostiniani è un segnale forte”.
Da cui ripartire?
“Si può fare qualcosa di diverso a Firenze che non sia mangiare e bere. Ai tavoli sinodali ho visto che la comunità fiorentina sa ancora esprimere solidarietà e accoglienza. Sforziamoci”.
Un augurio per il Natale?
“Gesù nasce ancora nella nostra culla. Che sia un Rinascimento per tutti. Anche per chi non crede. Perché nel Natale c’è un messaggio che arriva a chiunque. L’altro giorno ho visto una donna musulmana contemplare in silenzio il nostro crocifisso. È stata una cosa bella”.
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