L’Ambrogino d’oro è uno dei premi che per chi vive a Milano, quasi sicuramente provenendo da altre parti d’Italia, è un punto di orgoglio speciale. Ti fa sentire parte di una grande famiglia, la famiglia meneghina, a cui tu hai dato un tuo contributo per farla crescere. Ricordo la gioia di mio padre Candido Cannavò, lui siciliano saldamente alla guida della Gazzetta, lo ricevette agli inizi degli anni Novanta dal sindaco Marco Formentini che apparteneva alla Lega dura e pura di Bossi.
Ora questo orgoglio e questa gioia li abbiamo vissuti per l’Ambrogino alla memoria assegnato il 7 dicembre al nostro Giuseppe Malafarina, scomparso lo scorso febbraio. Non ho potuto essere presente alla cerimonia svoltasi al Teatro Dal Verme, ma ho vissuto da lontano la giornata particolare del papà Bruno, che quest’anno ha dovuto affrontare la perdita non solo del figlio ma anche dell’amatissima moglie Pina, insieme alla quale ha dovuto gestire per decenni la vita paralizzata eppure movimentatissima di Antonio. Con lui le nipoti Tiziana e Antonella, il cugino della moglie Roberto, l’amico di famiglia Rosario e, tra i medici, il primo rianimatore di Antonio, Dario Caldiroli e la dottoressa Matilde Leonardi dell’ospedale Besta per la quale Antonio è stato testimone con la sua storia, il suo corpo (alla Cattolica ricordano ancora le sue lezioni) ma anche collaboratore scientifico.
Erano quattro le Medaglie d’Oro alla Memoria. Oltre ad Antonio, l’ex assessora comunale Roberta Guarnieri, ricordata per il suo impegno nello sport e nella cultura; Luigi Cremascoli, fondatore di Urania Basket; e Pietro Pastorini, autorevole allenatore di marcia.
La vita di Antonio è riassunta nella motivazione al premio, tutta raccontata al presente perché Antonio lo sentiamo tutti qui accanto a noi, e ci sembra di dover aspettare ancora le sue mail, le sue telefonate, i suoi post che si concludevano sempre con l’augurio “un sorriso”. Ecco il ritratto che accompagna l’Ambrogino: “Maestro di parole, dal pensiero pungente, profondo e ironico. La sua vita è segnata da un tuffo al mare che lo rende tetraplegico a 18 anni. Da allora, inizia una battaglia per cambiare la società che esclude le persone con disabilità, di cui promuove l’autonomia attraverso l’uso delle tecnologie. Animato da una straordinaria forza di volontà e con l’immancabile supporto dei genitori, Pina e Bruno, ricomincia a parlare, studiare e lavorare. Firma di InVisibili, blog del Corriere della Sera, direttore del portale Superando, presidente onorario della Fondazione Mantovani Castorina, è tra i curatori del Festival delle Abilità di Milano e coautore della guida Comunicare la disabilità. Prima la Persona . Con coraggio e generosità promuove l’importanza del vivere ogni giorno e, ribaltando stereotipi e luoghi comuni, si impegna ad affermare la necessità di sguardi, parole e azioni inclusive”.
Dopo la lettura della motivazione, l’applauso e l’abbraccio del sindaco Sala a Bruno Malafarina ha suggellato un momento molto emozionante. Ma questo Ambrogino non resta un tributo isolato, sembra piuttosto segnare l’inizio di una “nuova vita” per Antonio. Il 15 dicembre il benemerito Superando gli dedicherà una targa in occasione dei festeggiamenti per il ventennale del portale. Da gennaio cominceranno le riprese di un corto a lui dedicato curato dallo sceneggiatore Gianfranco Vivoli e dalla regista Irene Magni: corto che nel 2025 potrebbe avere anche una clamorosa uscita mediatica. E mentre si lavora per far ricordare Antonio anche nel Famedio del Cimitero Monumentale, si pensa già a un film. “Antonio è dappertutto, come il prezzemolo” dice l’indomito Bruno. E noi non possiamo che essere felici di tutta questa attività alla fine di un anno in cui, fra qualche giorno, ricorderemo anche Franco Bomprezzi, a dieci anni dalla scompa
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