La Legge di Bilancio 2025 introduce modifiche importanti sui bonus per le ristrutturazioni di immobili adibiti ad abitazione, soprattutto in termini di detrazioni fiscali. La proposta prevede infatti una riduzione della detrazione fiscale dal 50% al 36% per gli interventi effettuati su immobili che non sono abitazioni principali. Secondo i dati elaborati dal Caf Acli, un terzo degli immobili attualmente beneficiari delle agevolazioni sarà escluso dalla percentuale maggiore di detrazione.
Le novità in arrivo rischiano di penalizzare una larga fetta di proprietari. Non solo: la manovra 2025 rischia di rallentare un settore delle costruzioni. Inoltre cli incentivi per le ristrutturazioni edilizie, non solo hanno anche sostenuto l’occupazione nel comparto edilizio, ma hanno migliorato la qualità abitativa delle case degli italiani.
Il provvedimento – al momento ancora in discussione alla Camera – riserva il 50% della detrazione fiscale solo per lavori svolti su abitazioni principali possedute con diritti reali di godimento. Rimangono escluse, per esempio, le case locate, quelle utilizzate come seconde abitazioni o immobili che diventano la residenza principale solo a lavori ultimati. Questo significa che molte famiglie che acquistano immobili da ristrutturare per poi stabilirvi la residenza potrebbero non beneficiare del bonus più generoso.
Chi rischia di più
Tra i soggetti penalizzati, oltre ai proprietari di seconde case, ci sono anche titolari di nuda proprietà, comodatari e inquilini. Secondo i dati del Caf Acli, il 33,7% delle attuali detrazioni è riconducibile a queste categorie. L’impatto si estende anche agli interventi condominiali: i lavori sulle parti comuni, spesso deliberati con difficoltà, rischiano di essere ulteriormente ostacolati dall’esclusione di molti alloggi dalla detrazione maggiore.
Gli effetti sul mercato immobiliare e sull’edilizia
L’adozione di questa misura potrebbe avere conseguenze gravi sul settore edilizio. Il centro studi dell’Ance avverte che si potrebbe tornare ai livelli pre-Covid del 2011, quando gli incentivi limitati al 36% portarono a investimenti in ristrutturazioni pari a soli 16 miliardi di euro. Nel 2022, grazie ai bonus più generosi, si era raggiunto il picco di 74 miliardi.
Il rischio principale è il rallentamento dei lavori di riqualificazione, che finora hanno rappresentato un pilastro per il settore edilizio durante i periodi di crisi economica. Inoltre, l’abbassamento delle detrazioni potrebbe favorire un aumento del lavoro sommerso. “Con un incentivo al 36%, molti proprietari potrebbero preferire non fatturare i lavori, soprattutto considerando l’aumento dei costi di manodopera e materiali negli ultimi anni”, osserva Paolo D’Alessandris del Cresme.
Le proposte di modifica
Confedilizia ha lanciato un appello al Parlamento per modificare il testo della manovra. Il presidente Giorgio Spaziani Testa propone di adottare un modello simile a quello già previsto per l’acquisto della prima casa, condizionando la detrazione maggiore all’impegno di trasferire la residenza entro un termine stabilito dopo l’avvio dei lavori. Tale approccio potrebbe evitare l’esclusione di molte abitazioni che diventano principali solo a seguito delle ristrutturazioni.
In vista del 2025 e del 2026
Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dal calendario. Il 2026 potrebbe introdurre ulteriori riduzioni degli incentivi, con il passaggio della detrazione dal 36% al 30%, rendendo ancora meno appetibili gli interventi. Questo spiega perché molte famiglie e condomìni potrebbero accelerare i progetti di ristrutturazione nel 2024, anticipando l’entrata in vigore delle nuove norme.
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