Non solo l’ennesimo sciopero di venerdì, con il doveroso intervento del ministro dei Trasporti per ridurlo, ma pure la polemica sulla precettazione come strumento politico. Siamo al paradosso: sindacati di sinistra che scioperano a oltranza contro il governo, contro la manovra, ripetendo un copione insopportabile, quello del fine settimana lungo, danneggiando tutti i lavoratori e tutti i cittadini, inflazionando per di più tale strumento di lotta sindacale. Si fa un gran parlare di diritto allo sciopero – diritto sacrosanto, sia chiaro – ma ultimamente ormai ha perso ogni senso e valore. Tutti, indistintamente, pensano solo al fine settimana lungo (qualche volta lo fanno di lunedì, ma sempre w-e lungo è). Venerdì dunque ancora uno sciopero dei trasporti. A nulla è servito il tavolo al Mit tra il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini e l’Usb. Per gli italiani si prospetta un altro venerdì nero con il blocco dei trasporti e della viabilità, che il ministro ha chiesto di ridurre da 24 a 4 ore. Da Salvini è arrivato un appello alla responsabilità, inascoltato dai sindacati. Da qui la conferma della richiesta della riduzione a 4 ore della durata dello stop dei mezzi pubblici. “Lo sciopero è un diritto sacrosanto ma su quello di venerdì ho chiesto di ridurlo. Ma mi hanno detto no, educatamente ma mi hanno detto di no. Formalizzerò la mia richiesta di ridurre a 4 ore la giornata di sciopero per garantire a chi vuole scioperare il diritto di sciopero ma per non bloccare l’Italia intera a 10 giorni dal Natale”. Il ministro ha anche detto di augurarsi di ripensare insieme “alla forma sciopero sia nell’interesse degli scioperanti e dei lavoratori, sia nell’interesse degli altri italiani. Penso sia utile”. A chi lo accusa di abusare della precettazione, Salvini replica: “Si dovrà ragionare insieme ai sindacati, non contro, di un aggiornamento della legge sullo sciopero, che è un diritto costituzionale garantito, ma se c’è più di uno sciopero al giorno vuol dire che anche lo strumento sciopero va aggiornato all’anno 2025”. Pronta la replica dell’Usb: “Sappiamo che il ministro farà un’ordinanza e che noi disobbediremo”. Poi i sindacalisti hanno abbozzato una specie di “noi scioperiamo contro tutti, pure contro i governi di centrosinistra”. Ci sentiamo di precisare che di certo non con la stessa frequenza. Anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana è voluto intervenire, distinguendo tra il diritto sacrosanto di sciopero, garantito e regolamentato, e il diritto dei cittadini a poter usufruire dei servizi, “soprattutto le persone che hanno difficoltà, che lavorano, che magari hanno problematiche personali”. È chiaro – aggiunge – che uno sciopero viene fatto per creare un disagio. Però penso che ci di debba essere sempre il buon senso e quindi mi auguro che più che lo scontro si riesca a trovare delle forme di dialogo”. Eppure appare ovvio che certi sindacati non intendono dialogare con questo governo (per non parlare dello sciacallaggio del leader della Cgil Landini che accusa il governo di “lacrime del giorno dopo” per i morti di Calenzano). Loro, i sindacati di sinistra, invocano la rivolta sociale, addirittura. Ecco perché, al di là delle polemiche sulle adesioni alle serrate e al dibattito – necessario – sulla modifica della legge che regola gli scioperi, noi vogliamo far presente solamente una cosa: ma se i sindacati proponessero uno sciopero di mercoledì, quante adesioni avrebbe? Siamo certi che sarebbero pochine. A Roma si dice: “Voja de lavora’ saltame addosso”. Appunto.
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