La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è tornata a esaminare il tema del riparto di giurisdizione in materia di risarcimento del danno da ritardo nei procedimenti amministrativi. Con un’ordinanza interlocutoria pubblicata il 6 dicembre 2024, la Corte ha deciso di rimettere la causa al Primo Presidente per valutare un eventuale esame da parte delle Sezioni Unite. La vicenda ruota attorno alla tardiva conclusione di un procedimento per il riconoscimento di un titolo abilitativo professionale, con conseguenze sul diritto del ricorrente ad accedere alle graduatorie per le supplenze.
Corte di Cassazione-Sez.Lav.-Ord. int. n. 31266 del 06-12-2024
La vicenda giudiziale
La controversia trae origine dalla richiesta di riconoscimento di un titolo abilitativo all’insegnamento conseguito in uno Stato membro UE. Il procedimento, avviato nel 2017, si è concluso solo nel 2020, a causa di ritardi accumulati dall’Amministrazione. Questi ritardi hanno comportato il mancato inserimento tempestivo nelle Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS), con conseguenti danni economici derivanti dalla mancata assunzione. La parte ricorrente ha chiesto il risarcimento di oltre 20.000 euro per il periodo in cui è stata esclusa dalle graduatorie, invocando la responsabilità della Pubblica Amministrazione per la tardiva conclusione del procedimento. Il Tribunale di primo grado ha riconosciuto solo parzialmente le richieste, limitando il risarcimento a un periodo specifico, mentre la Corte d’Appello ha esteso la competenza del giudice ordinario per includere anche i danni relativi ai periodi precedenti.
La posizione della Corte di Cassazione
La Cassazione è stata chiamata a valutare se la giurisdizione sulla domanda risarcitoria spetti al giudice ordinario o a quello amministrativo. Il Ministero dell’Istruzione ha sostenuto che il procedimento di riconoscimento del titolo abilitativo costituisce esercizio di un potere autoritativo, legato alla discrezionalità amministrativa, e quindi rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo.
La Corte, tuttavia, ha rilevato che la questione centrale non riguarda l’esercizio del potere discrezionale, ma il danno derivante dalla tardiva conclusione del procedimento amministrativo. Richiamando il principio del petitum sostanziale, la Cassazione ha sottolineato che il giudice deve esaminare la natura della posizione giuridica lesa per individuare la giurisdizione competente. Secondo la Corte, nei casi in cui la Pubblica Amministrazione è chiamata a svolgere attività vincolate, in cui non esercita un potere discrezionale ma è tenuta a rispettare determinati obblighi di legge, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. La tardiva conclusione del procedimento in esame, subordinato al completamento di un tirocinio imposto dall’Amministrazione, rappresenta un esempio di attività vincolata, in cui l’Amministrazione deve semplicemente verificare il rispetto dei requisiti senza poter compiere scelte discrezionali.
Richiamo alla giurisprudenza consolidata
La Corte ha richiamato una serie di precedenti che distinguono tra responsabilità della Pubblica Amministrazione derivante da comportamenti discrezionali e responsabilità connessa a condotte vincolate. In particolare:
– La giurisdizione amministrativa si applica quando il danno deriva dall’omesso o cattivo esercizio di un potere autoritativo discrezionale, che dà luogo a un interesse legittimo tutelabile dinanzi al giudice amministrativo.
– Al contrario, il giudice ordinario è competente nei casi in cui il danno derivi da una lesione di un diritto soggettivo, come avviene nelle attività vincolate, dove la Pubblica Amministrazione deve rispettare obblighi imposti dalla legge senza margini di discrezionalità. La Corte ha inoltre ribadito che il danno da ritardo può configurare una responsabilità precontrattuale, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, quando la tardività si traduce in una violazione di obblighi di buona fede e correttezza verso il privato.
Discrezionalità e attività vincolata
Nel caso specifico, il ritardo nell’espletamento del tirocinio formativo imposto dall’Amministrazione ha determinato la tardiva abilitazione del titolo professionale e il conseguente mancato inserimento nelle GPS. La Corte ha osservato che il procedimento di riconoscimento del titolo non comporta valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, ma si limita a verificare l’adempimento di requisiti normativi, configurando così un’attività vincolata. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto la questione sufficientemente complessa e ha deciso di rimettere il caso al Primo Presidente, evidenziando la necessità di un approfondimento da parte delle Sezioni Unite. Questo rinvio è giustificato dalla natura innovativa del problema, che tocca il confine tra diritto soggettivo e interesse legittimo, ponendo interrogativi sul rapporto tra norme nazionali e direttive europee.
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