Il presidente Cellino: «Rischiamo di vedere scomparire interi comparti. È peggio che all’epoca del Covid»
Si stava meglio quando si stava peggio. Le piccole medie imprese torinesi prevedono un 2025 «nerissimo», già ribattezzato dalle analisi di Api Torino come l’anno della «peggior crisi industriale del decennio». E considerato che il decennio è cominciato nelle acque malmostose delle crisi del debito sovrano dell’area euro, se hanno ragione le Pmi torinesi c’è poco da stare sereni. In pratica sembra avvicinarsi la terza grande crisi industriale del territorio da inizio secolo.
Le filiere più esposte
Le previsioni per il primo semestre 2025 indicano che per circa il 50% delle imprese i livelli di produzione, ordini e fatturato continueranno a contrarsi. I livelli di produzione — già esigui — sono attesi in calo per il 58,2% delle imprese. Il grado di fiducia degli imprenditori risulta ampiamente negativo, con un saldo ottimisti-pessimisti pari al -28,1%. Le filiere maggiormente esposte ovviamente sono l’industria, con un saldo del -52,9%, la manifattura, -47,3%, le costruzioni, -37,5%. La crisi dell’auto è il primo imputato nello smottamento delle filiere del manifatturiero.
Un piano Marshall per il rilancio
«Per l’industria è la peggior crisi degli ultimi decenni, rischiamo di vedere scomparire interi comparti. È peggio che all’epoca del Covid», afferma Fabrizio Cellino, presidente di Api Torino. «Non è esagerato pensare che di fronte a dati di questo genere le prospettive dell’industria a Torino, e in particolare di quella manifatturiera, siano davvero ridotte ai minimi termini. Non siamo davanti ad una crisi congiunturale ma strutturale, della quale, tra l’altro, non si vede la fine». Secondo il presidente di Api Torino, «accanto a progetti di medio-lungo termine servono interventi rapidi e decisi. Per l’automotive e la manifattura in particolare, serve un piano simile al Pnrr». Un piano Marshall per il rilancio del comparto.
Cassa integrazione
Perché oggi, in questo scenario di crisi nera per la manifattura, le imprese sembrano come paralizzate, tra ricorso alla cassa integrazione e attesa di vedere una luce in fondo al tunnel. Il risultato è che solo il 31,9% delle imprese ha in programma nuovi investimenti. Anzi, tanti tirano i remi in barca. Per i prossimi mesi è atteso un «ulteriore e deciso aumento» fino al 37,2% delle imprese degli ammortizzatori sociali. Fabrizio Cellino elenca alcuni interventi da «mettere in cantiere subito: moratoria sugli interessi per gli investimenti già effettuati per adeguarsi al green deal, rifinanziamento dei contratti di sviluppo, misure per la ricapitalizzazione delle ì imprese, immediata forte riduzione del cuneo fiscale, modifica delle regole sugli ammortizzatori sociali». E, inoltre l’imprenditore chiede «misure per alleviare la pressione economica a cui sono sottoposte le imprese come la deducibilità totale degli interessi passivi per il conteggio dell’Irap e la concessione alle imprese che hanno realizzato investimenti dopo il Covid di un contributo per mitigare l’effetto negativo della crisi».
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