L’annuale graduatoria della qualità della vita nelle province italiane, che il quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” propone dal 1990, rappresenta un’occasione per riflettere sull’andamento del Paese, attraverso i suoi territori. Da sempre, la classifica divide nettamente in due l’Italia: la parte alta, con le provincia in cui si vive bene, è appannaggio del Nord. La parte bassa della classifica è occupata dalle province meridionali, con lievissime eccezioni, per situazioni specifiche ma non molto significative (Cagliari è 44a, mentre Imperia è 79a). Tutti gli indicatori, riguardanti la ricchezza, gli affari e il lavoro, il turismo, e così via, premiano il Nord e questo rende ancora più inaccettabile il tentativo messo in atto dalla Lega, e sostenuto dal governo, di accentuare ancora di più le differenze attraverso l’autonomia differenziata. Che non farebbe che aggravare la situazione.
Una premessa
Detto questo, è evidente che i dati che più ci incuriosiscono sono quelli riguardanti la provincia di Taranto. Leggiamo le classifiche, consapevoli che, come spiega Michele Finizio, che guida il progetto, “la qualità della vita per ciascuno di noi è qualcosa assolutamente soggettivo; la percezione del luogo in cui viviamo è influenzata dalla nostra relazione, personale, con quello che ci sta intorno. E ciascuno di noi è portato a vedere prima ciò che non va rispetto a ciò che funziona”. Ma, aggiungeremmo noi, il discorso si accentua ancora a seconda della situazione sociale: è evidente, ad esempio, che chi amministra o gestisce istituzioni e ricchezza, è portato a esaltare le cose buone rispetto a quelle negative. Ecco, allora, che bisogna sottolineare e condividere l’intento dei compilatori, che è quello di “raccontare attraverso i numeri il Paese, i suoi divari, le sue fragilità e best practice permette di denunciare quello che manda, orientare chi decide o accendere i riflettori su certi fenomeni”.
La classifica
È per questo motivo che analizziamo i risultati ottenuti dalla provincia di Taranto che quest’anno si colloca al 94° posto, risalendo tre posizioni rispetto al 2023. Un dato che si spiega forse più con l’ulteriore accrescimento degli indicatori scelti, che fanno precipitare Isernia di ben 13 posizioni, che con mutamenti significativi. Va detto che Bari spicca tra le province meridionali: è al 65° posto, avendo risalito 4 posizioni, mentre solo Foggia fa peggio di Taranto piazzandosi al 99° posto, ma risalendo dal fondo classifica in cui era nel 2023 e scalando ben 8 posizioni.
gli indici negativi
Taranto, lo diciamo subito, si connota negativamente almeno per tre classifiche fondamentali: l’imprenditorialità e il lavoro, la parità di genere, la raccolta differenziata. Dato quest’ultimo che era già stato rimarcato dalla precedente classifica di “Italia Oggi”. Per affari e lavoro Taranto è all’ultimo posto. È risaputo: la provincia (e la città soprattutto) non ha propensione all’impresa. Non l’aveva neppure in piena espansione industriale. E la crisi grave la si evince ancora di più dalle ore di cassa integrazione autorizzate, che la collocano al terzultimo posto: situazione inquietante proprio tenendo conto della scarsità di imprese attive. Conseguenza della scarsa imprenditorialità è anche la mancanza di posti di lavoro: una condizione che spinge ancora di più i giovani tarantini a emigrare. Male anche la classifica sulla parità di genere: siamo al 94° posto. Ancora peggio anche per numero di laureati e altri titoli terziari: siamo in fondo alla classifica, seguiti solo da Foggia, Crotone e Sud Sardegna. In questa classifica incide sicuramente anche la modesta presenza dell’università.
Giustizia e sicurezza
Migliore la situazione per giustizia e sicurezza: Taranto è 74a in lieve peggioramento. Mentre il fondo di questa classifica vede allineati: Roma, Foggia, Napoli, Milano e Firenze, ultima. Taranto, inoltre, tazionaria nella classifica di cultura e tempo libero, dove fanno peggio Lecce (che però ha una provincia enorme) e Brindisi.
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