La Cassazione conferma la legittimità dell’accertamento induttivo in presenza di gestione antieconomica o contabilità irregolare.
Se i costi sostenuti superano di molto i ricavi dichiarati, rendendo l’attività imprenditoriale non conveniente, l’Ufficio può ricostruire i ricavi basandosi su percentuali di ricarico praticate da imprese analoghe nello stesso contesto territoriale e settore.
Tale situazione sposta sul contribuente l’onere della prova. Approfondiamo per comprendere i criteri applicati e le implicazioni pratiche di questa pronuncia.
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di accertamento induttivo e gestione antieconomica dell’attività imprenditoriale.
Il caso: accertamento induttivo per gestione antieconomica
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito di impresa dichiarato per l’anno 2006 in relazione ad un’attività di ristorazione, con rideterminazione dei ricavi conseguiti da 45.642,00 a euro 85.106,00 e conseguente accertamento di maggiori imposte e sanzioni.
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo di una percentuale del 30% il reddito accertato.
Avverso tale decisione il contribuente proponeva ancora appello, respinto dalla Commissione Tributaria Regionale con sentenza poi impugnata davanti alla Corte di Cassazione.
Il ricorrente, per quanto di interesse, deduceva la nullità della sentenza per difetto di motivazione, avendo a suo avviso la Commissione Tributaria Regionale omesso di valutare la censura secondo la quale, in sede di accertamento induttivo, quale quello operato nella fattispecie dalla Amministrazione finanziaria, i ricavi accertati non potevano essere calcolati applicando la percentuale di ricarico sia sul costo della merce venduta (gli alimenti consumabili somministrati nel ristorante) che sul cost
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