Tavolo con Mef, Sace, Cdp, Invimit e Credito Sportivo. La struttura rientra nelle Zes, e presto arriverà una legge delega
In attesa che Aurelio De Laurentiis scopra le carte e, sopratutto, presenti un progetto sulla ristrutturazione del Maradona o su dove intenderà farne uno nuovo — tra Afragola, Bagnoli, Centro direzionale —, il governo va avanti sul piano normativo per affrontare il tema degli stadi italiani in vista degli Europei del 2032. Perché all’appello, per l’Uefa, mancano ancora due città; atteso che Torino, Milano e Roma, con i loro stadi o con i progetti che hanno approvato per rifarli, sono già dentro.
Su cinque città che in Italia ospiteranno le gare in compartecipazione con la Turchia, ne mancano ancora una del Sud e una del Centro Italia, perché è questa un po’ la logica con la quale intende muoversi il governo affinché l’evento del 2032 sia «spalmato» sull’intero Paese. E in tal senso, Napoli — terza città italiana per infrastrutture e ricettività, tra le prime per clima e destagionalizzazione — al Sud non pare avere avversari. Anche Firenze, tra le restanti sette in corsa, pare essere davanti alle altre con i lavori per il nuovo stadio già in fase avanzata e sull’intera zona di Fiesole su cui si sta intervenendo con i fondi del Pnrr.
Per il Maradona, che è la soluzione su cui ovviamente il sindaco Manfredi spinge maggiormente, occorre intervenire — almeno — per un importante maquillage. Sopratutto se si procederà con un project financing, che vedrebbe, realisticamente, quale soggetto privato il Calcio Napoli di De Laurentiis. La questione è stata dibattuta più volte negli ultimi tempi nell’ambito di un gruppo di lavoro permanente, annunciato dal ministro dello Sport Andrea Abodi, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e i vertici di Cdp, Invimit (che già gestisce i beni immobili del Comune e con esso ha creato il «Fondo Napoli»), Sace e l’Istituto per il Credito sportivo e Sport e salute. Il gruppo ha un obiettivo preciso: elaborare in tempi stretti un portafoglio di opportunità finanziarie che non prevedano un fondo perduto, ma agevolazioni in termini di equity, garanzie e contributi in conto interessi e che propongano semplificazioni ulteriori «da inserire — sono state le parole di Abodi — in una legge delega che è in via di predisposizione e che segue il correttivo del decreto legislativo numero 38 del 2021 approvato lo scorso anno, che a sua volta semplifica l’iter amministrativo adeguandolo anche alle nuove norme del codice dei contratti che facilita anche le compensazioni industriali e commerciali, delocalizzandole rispetto agli stadi».
La ristrutturazione del Maradona potrebbe poi godere delle agevolazioni previste per le Zes con procedure semplificate che permettano il rilascio dei permessi entro 45 giorni, con la possibilità di nominare un commissario per accelerare l’Iter, sfruttando così anche importanti agevolazioni fiscali, con un credito di imposta fissato al 30% per gli investimenti privati che diventa il 40% per progetti di eccellenza in chiave di sostenibilità. Eccolo dunque il piano del governo, di cui Manfredi, neopresidente Anci, è a conoscenza, e che prevede ovviamente il ruolo centrale per De Laurentiis.
Il Maradona, poi, già per il nome che porta, stuzzica ed esalta tecnici e dirigenti di Nyon. Ma anche perché, comunque, risponde già in parte alle richieste del governo europeo del calcio — che si esprimerà nell’autunno 2026 — per quanto riguarda dimensioni; infrastrutture circostanti; trasporti su ferro e gomma che servono la zona; spazi esterni al Maradona; aree potenziali di parcheggio, anche sotterranee; presenza di strade di collegamento diretto. E assolutamente non ultimo, per la presenza dell’ospedale — il San Paolo — poco distante. Parametri, a quanto pare, non riscontrabili altrove in Italia: tanto per l’Uefa, quanto per Governo, Coni, certamente per Manfredi. E forse anche per De Laurentiis.
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