“Perché scrivo? Dopo una vita attiva, viene voglia di raccontare quello che si è vissuto e che è rimasto dentro, condividendolo con chi c’era e coi suoi figli e nipoti, perché la memoria è una forma di continuazione della vita”. Roberto Quber presenta il suo libro ‘Sessant’anni dopo’ (in vendita nelle librerie, nelle migliori edicole e sulle piattaforme online) oggi, alle 17.30, nella sede dell’associazione I Fanti da Ciapa in via Genova 159 (con ingresso libero), intervistato da Marco Tarabugi.
Il libro narra della Spezia degli anni ’60 e dei suoi quartieri popolari, in particolare di quello della Chiappa, dove simbolicamente avrà luogo questa prima presentazione pubblica. Tempi in cui i negozietti sono pieni di clienti, gli uomini si ritrovano al bar, i cinema sono affollati, nell’Aurelia passano il giro ciclistico d’Italia e il Cantagiro, le partite della nazionale si vedono alla televisione in bianco e nero dei bar, nelle case entrano – grazie alle cambiali – i primi elettrodomestici, le stufe riscaldano soltanto la cucina e vanno a legna e a carbone, i bambini giocano in strada a biglie e a nascondino e in casa ai soldatini.
Sessant’anni, però, passano d’un fiato, con tragedie che si abbattono sulla città. Pochi fatti di cronaca, però, e molti ricordi personali raccontati per la prima volta in questo libro molto interessante. “A cominciare dai lavoratori dei cantieri navali, dell’Arsenale, della Marina, dell’Enel respirano amianto e muoiono a centinaia di mesotelioma pleurico e di tumore al polmone – anticipa Quber – . Le difficoltà della Cassa di Risparmio che rischia di fallire perché erogava prestiti facili alle aziende ‘amiche degli amici’, che poi non restituivano, fatto scoperto nel 1987, da un’ispezione della Banca d’ Italia; ne venni a conoscenza nel 1988 quando fui nominato consigliere di amministrazione e non potei farne parola perché legato al segreto bancario.
Personali sono i ricordi scolastici, del catechismo che frequentavo da bimbo cattolico e delle partite degli azzurri che andavo a vedere all’affollatissimo bar Reduci della Chiappa, ora chiuso, gestito dal comunista del quartiere, Adriano Bertagnini, al quale è ora intitolato un vialetto del parco della Maggiolina in quanto fu partigiano. Personale è il ricordo di quello che ora è il campo Bonanni: a due dei suoi lati lunghe fosse biologiche con liquami, la palla ci finiva dentro, si prendeva con un bastone e prima di giocarci si faceva scorrere a lungo per terra. E poi ancora quel vecchio molino abbandonato adibito prima a bisca clandestina e poi sede di Video Spezia International, ricca di trasmissioni calcistiche con commenti del pubblico in diretta telefonica, che diventavano scambi di insulti tra i tifosi della Carrarese e quelli dello Spezia”. E tanto altro.
Marco Magi
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