Ci sono tante differenze tra il vecchio e il nuovo ospedale che riguardano soprattutto l’evoluzione tecnologica e l’organizzazione del lavoro perché i numeri, primi fra tutti quelli dei dipendenti, restano molto simili. Anzi, a guardare ancora più indietro, nel lontano 2001 nella galassia della sanità biellese lavoravano in 2.022, che sono uno in più degli attuali 2021. Nel 2014 invece, l’anno del trasloco, erano molti di meno, 1.890, non ancora per la scarsità di medici che affligge l’oggi ma per il blocco di assunzioni per gli amministrativi registrato in quegli anni (ci si è in quegli anni sempre mantenuti al di sotto delle duemila unità).
Sempre a proposito di numeri il 2024 è stato un anno più propizio rispetto al precedente, perché se il saldo fra dimissioni (o pensionamenti) e assunzioni dei medici fa registrare soltanto un pareggio, a quota 37 (ma nel 2023 c’era stato un meno 2), per il personale infermieristico a fronte di 62 dimissioni o ritiri ci sono stati 84 nuovi ingressi. Saldo negativo invece per Oss, Ota e assistenti sociali (meno 6), e per operatori del ruolo tecnico (meno 3), positivo per i tecnici sanitari (più 3) e per gli amministrativi (più 7). In generale le assunzioni sono state 216, le dimissioni 188 (più 28 mente il saldo 2023 era stato di meno 3).
Tornando però sull’organizzazione, come spiega la direttrice della professioni sanitarie Antonella Croso: «Molto positivo è stato il cambiamento che non ha riguardato tanto modifiche alle specialità trattate ma le aree di degenza, Queste grazie ai nuovi spazi sono state organizzate per intensità di cura, aggregando per esempio Urologia a Chirurgia. È stata inoltre creata un’area polispecialistica per le degenze intermedie, dove vengono ricoverati pazienti le cui patologie non presentano una elevata complessità assistenziale». Altri spazi sono invece stati dedicati a rotazioni più intense. «Abbiamo avviato sulla base di valutazioni numeriche la degenza chirurgica breve, aperta cioè dal lunedì al sabato a mezzogiorno, riservata a chi deve sottoporsi a piccoli interventi che richiedono comunque qualche giorno di ricovero, tornando a casa per il fine settimana. Le basi per questo tipo di organizzazione c’erano già nella vecchia struttura, ma in questo nuovo ospedale abbiamo potuto contare su di un’area dedicata adiacente a quella dei prericoveri, costruendo un percorso strutturato, distribuito bene negli spazi. Il tutto poi è ancora migliorato con l’introduzione del concetto di Primary nursing, con personale già formato per prendersi carico dei singoli pazienti in maniera più approfondita».
Dal punto di vista dei posti letto disponibili. «C’è stato un incremento progressivo, che è durato fino a quando è iniziata la pandemia, un fenomeno che ha inciso moltissimo. Soltanto adesso stiamo tornando sui livelli del 2019». Mentre, sempre carenza di medici a parte, la configurazione dei reparti non sarebbe cambiata. «Con l’approdo nel nuovo ospedale alcune specialità sono state aggregate, Malattie Infettive tanto per fare un esempio non è sparita ma ora è legata a Pneumologia, configurando un’area dedicata che è servita tantissimo all’inizio dell’emergenza Covid. C’è stata certo una grande riorganizzazione ma è servita per rendere più flessibili le disponibilità di posti letto. Al momento in cui ci siamo trasferii in questa nuova struttura tutto era già abbastanza definito prima del trasloco ci avevamo ragionato per mesi».
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