Con la sentenza n. 45868/2024, la Corte di cassazione – in riferimento ad un caso relativo a delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato, realizzato mediante la cessione di fittizi crediti d’imposta previsti in riferimento alle detrazioni fiscali del cosiddetto “superbonus 110%” – ha affermato che, ai fini della consumazione del citato delitto, non rileva la circostanza che i crediti fittizi non siano utilizzati in compensazione, in ciò individuando un orientamento contrastante con quello secondo cui, invece, poiché la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, nell’ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato.
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