Napoli non è una città per giovani.
Non è una questione di movida, di servizi o di piacere, ma di dati e di trend demografici, che, negli ultimi due decenni, disegnano una vera e propria fuga di quel capitale umano di cui tutti si riempiono la bocca e che invece il Mezzogiorno sta perdendo.
L’ultimo focus pubblicato dall’Istat, <<I giovani nelle città metropolitane>>, mostra come Napoli abbia perso oltre il 40% dei suoi giovani.
Se infatti nel 1993 i ragazzi fino a 24 anni rappresentavano il 41,2% del totale dei napoletani e il capoluogo campano poteva vantare il titolo di <<città più giovane d’Europa>>, a trent’anni di distanza la stessa fascia d’età è il 26%.
Un dato che fa della provincia partenopea la più popolata da giovani d’Italia ma che fa registrare, su scala nazionale, il più alto indice di fuga.
Un invecchiamento che riguarda tutte le 14 città metropolitane che hanno perso il 10% dei loro giovani, ma che è più forte al Sud (-40%).
Dunque, in un quadro demografico complesso che vede l’intero Paese invecchiare, pure restando la più giovane Napoli è la città metropolitana d’Italia che ha perso più rapidamente ragazzi nell’ultimo trentennio.
La provincia partenopea fa registrare una variazione percentuale della popolazione giovanile negativa del -42,1%.
Dato battuto in negativo solo da quello di Cagliari (-56,2%) e di Bari (-42,8%) ma che in termini assoluti ha dimensioni senza paragoni: la città più giovane d’Italia perde oltre 4000 under 14 ogni anno.
Come ricorda il report dell’Istat “I giovani rappresentano il fulcro per progettare lo sviluppo”.
Se nel 1993 l’area partenopea aveva un bacino di giovani (41,2%) quasi doppio rispetto a città del Nord come Bologna (21,8%), Torino (26,6%) e Milano (26,7%), oggi questo vantaggio si è annullato (Napoli 22,6%; Bologna 21,6%; Torino 21%; Milano 22,3%).
Alla base di questo depauperamento del più importante fattore di sviluppo, oltre alla carenza di lavoro, ci sono i servizi che le città metropolitane sono in grado di mettere a disposizione dei giovani e l’incapacità di territori come quello napoletano di attrarre flussi migratori che possano compensare i trend negativi.
Nel focus dell’Istat vengono analizzati i “servizi educativi per la prima infanzia” garantiti sui vari territori.
Ad oggi il 61,6% dei comuni che rientrano nelle città metropolitane offrono almeno un servizio per la prima infanzia, percentuale lontana dall’obiettivo del 75% previsto per legge, con una netta differenza tra Nord (sopra il 70%) e Sud (sotto il 40%).
Se si sposta l’analisi su chi può realmente beneficiare di questi servizi il dato diventa ancora più pesante.
Esiste infatti una soglia minima fissata a livello nazionale, uno dei famigerati Lep (Livello Essenziale delle Prestazioni), del 33% di posti negli asilo nido offerti rispetto ai bambini residenti, che era anche un obiettivo europeo che l’Italia avrebbe dovuto raggiungere già dal 2010.
Ad oggi tutte le città metropolitane del Centro e del Nord hanno raggiunto il target, mentre il Mezzogiorno è abbondantemente sotto soglia.
Napoli, con un’offerta di appena 12,3%, è la peggiore città metropolitana in Italia, ben lontana da Bologna (49,4%) o Firenze (45,8%) e distante di 33 punti percentuali dall’obiettivo europeo 2030 del 45%.
Un’offerta insufficiente che pesa sulle carriere scolastiche dei ragazzi e che si riverbera sui risultati dell’Invalsi.
Napoli è la città con la percentuale più alta di studenti low performer.
Se infatti in Italia gli alunni che non ottengono la sufficienza sono circa il 50%, a Napoli oltre il 66% non raggiunge le competenze alfabetiche di base e più del 70% quelle numeriche, con incrementi record ogni anno.
Questo si ripercuote sulle opportunità che i giovani napoletani hanno sul mercato del lavoro.
E inaftti la nostra è la pronuncia con la percentuale più alta di Neet (giovani che non studiano e non lavorano) tra i 15 e i 24 anni.
I givani che non lavorano e non studiano in tutte le città metropolitane sono 190000, il 9% del totale.
A Napoli sono invece più del 14%, percentuale tripla rispetto alle realtà più avanzate come Firenze (5,5%).
A conti fatti Napoli ha sperperato la sua più importante risorsa e fonte di sviluppo.
Nel 1993 i giovani del capoluogo campano rappresentavano, nei numeri, un vantaggio economico rispetto alle città del Nord.
I ragazzi napoletani, i loro talenti e le loro idee erano il fattore concreto che il Mezzogiorno aveva per ridurre il divario territoriale italiano.
Ogni risorsa, sopratutto se delicata, ha però bisogno di essere valorizzata, coltivata e sviluppata con cura.
I dati mostrano invece come anche i nostri giovani e la loro potenzialità siano stati trasformati in una delle tante occasioni perse dal Sud.
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