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Natale del Signore: Messa della notte presieduta dall’arcivescovo Gian Franco | Arcidiocesi di Sassari #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Nella notte tra martedì 24 e mercoledì 25 dicembre, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto nella cattedrale di San Nicola la solenne Celebrazione eucaristica della Natività del Signore, preceduta dall’Ufficio delle Letture.

Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:

«Questa sera, nella notte santissima del Natale del Signore, la liturgia ci propone la narrazione della nascita terrena di Gesù. È un annuncio che il Signore continua a rivolgere a ciascuno di noi. Non si tratta semplicemente di una rievocazione o di un ricordo, ma della memoria viva di Dio, che ha posto la sua gloria in mezzo a noi. L’annuncio rivolto a Maria, a Giuseppe e ai pastori, oggi, per mezzo della Chiesa, risuona nuovamente per il mondo intero, per ciascuno di noi.

Perché sottolineiamo con tanta enfasi la Liturgia del Natale? Perché non possiamo dimenticare tra le feste di famigliaquell’appuntamento da cui tutte le gioie di una famiglia hanno avuto origine. Così come nessuno di noi può dimenticare la propria data di nascita e quelle date più significative della propria vita, la liturgia ci insegna a non dimenticare quella data,quell’evento, quell’appuntamento che ha cambiato il volto della storia: la nascita di Gesù.

È per questo che l’Evangelista Luca colloca questo evento in un periodo storico preciso, lo ambienta in un contesto con dei nomi, con delle situazioni, per voler mostrare che la nascita di Gesù non è stata un mito, non è stato un sogno, non è un’idea, ma è una persona vera, concreta. Dio realmente ha scelto di raggiungere la creatura umana portando a compimento le promesse compiute alla casa di Davide, donandoci il Re Messia. E allora noi oggi ricordiamo la data della fedeltà di Dio, di Dio che nasce, che promette di essere presente nella nostra vita, di rimanere con noi. Egli stesso promette di essere presente. Non promette solo di fare qualcosa di buono per noi e di mandare qualcuno che verso di noi compia qualcosa di buono, ma è venuto Lui stesso. Egli stesso è Colui che in tanti modi, in tante forme, si era rivelato, si era manifestato, ma poi ha deciso, nel suo mistero di amore, di farsi carne. Il proprio Figlio è venuto nel mistero dell’umanità di Gesù, il Salvatore del mondo. Quindi non ha delegato, non ha incaricato altri.

Egli è venuto incontro a noi per aiutarci a capire come Dio si pone nei nostri confronti e come desidera incontrarci nella storia, nella vita, nelle situazioni. Questa data, perciò, non possiamo dimenticarla. Nella liturgia diventa sempre viva perché nell’Eucarestia noi celebriamo sempre il Natale di Gesù. Gesù continua a nascere nel sacramento del Pane eucaristico, del Corpo donato, del Sangue versato, sempre in mezzo a noi. Nella Parola che viene annunciata, Egli continua ad essere presente in mezzo a noi. E allora l’incontro con Cristo non è un episodio annuale, non è un episodio occasionale, ma è la possibilità di tutti i giorni. Per noi cristiani, questo incontro si concretizza soprattutto nella Domenica, Giorno del Signore, quando la comunità si raduna per celebrare l’Eucaristia.

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È questo Natale che noi non dobbiamo dimenticare, che non dobbiamo porre in secondo ordine rispetto ad altri impegni, rispetto ad altre preoccupazioni. Può essere difficile oggi, col ritmo frenetico della nostra vita, la partecipazione all’Eucarestia. Ma è lì il Natale. Egli continua a nascere nel sacramento, nel mistero del Pane e del Vino, della Parola che viene annunciata. E infatti l’annuncio della nascita di Gesù è attraverso un segno, ricorda l’Evangelista. Un segno non è qualcosa di secondario nel linguaggio di Luca. Rivolgendosi ai pastori, Luca dice: “Questo per voi il segno – rivolgendosi ai pastori -troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoria” (Lc 2,12).

 Quindi c’è la possibilità di vedere, di toccare questo bambino, di avvicinarsi a lui, di accostarsi a lui attraverso un segno, attraverso il mistero di Dio che nasconde la sua onnipotenza, che l’ha celata nell’umiltà di un bambino. Il suo amore, la sua tenerezza, sono celati nell’umiltà di un bambino. Nell’Eucaristia cela la sua onnipotenza nella semplicità di una Parola che viene annunciata. Nell’Eucaristia Egli si presenta a noi, si dona a noi nell’umiltà del pane e del vino. “Troverete un segno”. È dal segno che parte la fede. L’annuncio porta al segno, dal segno inizia il cammino. Questo segno siamo chiamati a cercarlo, a non smarrirlo. Il Signore l’ha affidato alla Chiesa, perché lo celebri nell’Eucarestia e nei santi segni, che sono tanti, ma vi è questo evidentissimo segno dell’Eucarestia nel quale noi possiamo vederlo adagiato in una mangiatoia.

Nell’umiltà più totale si manifesta la grandezza di Dio. Per noi, abituati a dimostrare tutto in modo matematico e razionale, questo può risultare difficile. Ma c’è una via: quella dell’adorazione, attraverso la quale noi siamo chiamati a conoscere il bambino, a riconoscere la presenza di Dio.

Adorare significa orare ad, “pregare verso”, sostare davanti a qualcuno, essere rivolti verso. La nostra vita è sempre rivolta a Dio e nell’Eucaristia noi siamo rivolti a Lui ed Egli viene incontro a noi. Egli è avvolto in queste fasce, le fasce che lo hanno custodito, l’amore materno di Maria, del Padre scelto come custode del Redentore, Giuseppe. E la paura dei pastori, di coloro che ricevettero quest’annuncio, è sicuramente il timore dell’uomo di tutti i tempi.

L’adorazione, il silenzio e il rimetterci in ascolto ci aiutano a riconquistare lo sguardo di fede, a vedere il segno vivo di Cristo nella nostra vita. Il messaggio del Natale, rivolto anche agli ultimi, ci ricorda che Dio sceglie spesso ciò che è fragile e umile per rivelare sé stesso.

Sarà vero? È veramente così? Questa domanda è nelle inquietudini del cuore umano, ma il Signore la sorpassa raggiungendoci. Il Signore la illumina raggiungendoci, facendo percepire la dolce melodia della sua presenza. Un angelo con una moltitudine nell’esercito celeste che lodava Dio diceva: “Gloria Dio nel più alto di Cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama” (Lc 2,14). È la melodia del linguaggio di Dio.

L’adorazione, il silenzio, il cammino, il rimetterci in ascolto ci aiuta a riconquistare lo sguardo di fede, a vedere il segno vivo di Cristo nella nostra vita. Questi pastori che cosa facevano? Vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. E pernottavano all’aperto. Questo messaggio ha raggiunto gli ultimi, coloro i quali forse non erano degni di grande credibilità. Ma il Signore, talvolta, fa scaturire gli annunci più grandi scegliendo ciò che nel mondo è umile e fragile proprio per rivelare sé stesso, per manifestare sé stesso. Tutto questo avviene con un’opera di Dio, che li avvolse di luce, è la luce dello spirito, la luce dello spirito che continua a parlare all’uomo di tutti i tempi.

La sordità dell’uomo di fronte alla Parola di Dio, la cecità della creatura umana di fronte alla luce dello Spirito, forse abbagliati da luci che riteniamo essere più luminose, più autentiche, più veritiere, mentre non dedichiamo il congruo tempo per far accompagnare, lasciarci guidare da questa luce che è la parola degli annunciatori. Tutto questo è il dono che noi abbiamo ricevuto, ma è anche la missione della Chiesa, chiamata ad annunciare Cristo Verbo di Dio, ad annunciare, ad indicare i segni della presenza di Dio, a mettersi in cammino sempre per rendere viva la strada che conduce a Betlemme. Proprio come quei pastori non cristiani, che ritenevano di aver già raggiunto la meta, di essere già arrivati al bordo, ma aperti alla novità di Dio.

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 La novità di Dio di quest’anno, che poche ore fa Papa Francesco ha caratterizzato con l’apertura della Porta Santa, è proprio quelladi lasciarci avvolgere dalla luce della speranza, cioè dalla luce di Cristo. Cristo è la nostra speranza, è la Sua luce che ci accompagna passo dopo passo nella nostra esistenza. Sperimenteremo la gioia di questo inizio ecclesiale nella nostra Chiesa Turritana, come ciascuna Chiesa particolare, il pomeriggiodi Domenica 29 dicembre, proprio qui, nella Chiesa Cattedrale.

L’Anno Santo non è l’anno dei contratti con Dio, sarebbe poca roba. L’Anno Santo è l’anno di un sussulto, è l’anno di una rinascita, è l’anno di una ripresa di vigore, di gioia, di esperienza profonda della presenza del Signore che è per noi e non contro di noi. È con noi non per limitare le nostre libertà, non per condizionare i nostri sogni e i nostri progetti, non per limitare la nostra realizzazione terrena, quanto piuttosto per portarla al più alto e pieno compimento».



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