L’Europa, che sta invecchiando rapidamente, si trova a fronteggiare una profonda trasformazione demografica che ne mette in discussione il tessuto economico, sociale e culturale. Al contempo, l’immigrazione risulta essere una questione controversa. Tema dominante delle recenti elezioni, ha portato al successo elettorale i partiti critici nei suoi confronti. Con il convergere di queste tendenze, le nazioni europee si trovano a dover decidere come affrontare questo dilemma demografico: devono considerare l’immigrazione una “soluzione” alla crisi dell’invecchiamento o cercare strategie alternative per sostenere le loro società?
La sfida dell’invecchiamento
In tutta Europa, la popolazione sta incanutendo. Secondo Eurostat, entro il 2100, un europeo su tre avrà più di 65 anni, mentre nel 2023 gli ultrasessantacinquenni erano uno su cinque. Questo cambiamento demografico esercita un’enorme pressione sul mercato del lavoro, sui sistemi pensionistici e sull’assistenza sanitaria. Se nel 2022 i due terzi della popolazione europea erano ancora in età lavorativa, questa percentuale è destinata a scendere a circa la metà entro il 2100, minando la crescita economica e aggravando la carenza di manodopera di cui già soffriva l’Europa. Inoltre, il rapporto tra persone in età lavorativa e pensionati si sta riducendo, minacciando la sostenibilità dei regimi pensionistici fondati sui contributi versati dai lavoratori attivi, con un indice di dipendenza degli anziani che secondo le proiezioni raddoppierà o quasi entro il 2100. Nel frattempo, i sistemi sanitari si troveranno probabilmente a dover affrontare le richieste crescenti di popolazioni sempre più anziane con un personale sempre più scarso, ragion per cui l’accesso all’assistenza sanitaria diventerà sempre più difficile.
L’immigrazione come “soluzione”
Sebbene alcuni governi abbiano sperimentato politiche volte ad aumentare i tassi di natalità o a trasformare gli inattivi in attivi sul mercato del lavoro, la maggior parte di questi tentativi hanno avuto risultati modesti e non sono riusciti a invertire gli effetti negativi di questo invecchiamento della società. Il ricorso all’immigrazione rappresenta un potenziale approccio complementare per affrontare le sfide demografiche dell’Europa. Nello specifico, l’Africa sta contemporaneamente vivendo una tendenza di segno pressoché opposto, con una crescita demografica prevista da 2,4 a 3,9 miliardi nello stesso periodo di tempo, il che rende il continente africano il più giovane del mondo. I migranti giovani ed economicamente attivi possono rafforzare la forza lavoro, contribuire alle finanze pubbliche e sostenere una popolazione sempre più anziana. La Germania, ad esempio, ha reclutato attivamente lavoratori qualificati dall’estero per fronteggiare la carenza di forza lavoro in settori come l’ assistenza sanitaria.
Tuttavia, ritenere che l’immigrazione possa essere la soluzione comporta comunque delle sfide. Tanto per incominciare, nella lotta globale per accaparrarsi i migliori talenti non si può certo dire che l’Europa sia in prima posizione, anzi. C’è chi dice che stia proprio perdendo questa guerra per i talenti. Inoltre, i problemi di capienza come la carenza di alloggi a livello europeo suscitano interrogativi sulla disponibilità delle infrastrutture necessarie all’accoglienza e all’integrazione di un numero significativo di migranti. Il successo dell’integrazione nel mercato del lavoro è ostacolato da barriere linguistiche, difficoltà nel riconoscimento delle qualifiche, mancanza di competenze e discriminazione. Infine, c’è quella che forse è la criticità maggiore, ovverosia che i movimenti populisti hanno fatto leva sui timori per l’esiguità delle risorse e sulla non gestione dell’immigrazione, restringendo di fatto lo spazio politico per discussioni equilibrate su un’immigrazione ben gestita e sul suo ruolo nelle società europee che invecchiano.
Un approccio equilibrato
Il dibattito tra invecchiamento e migrazione non è una scelta binaria e l’immigrazione non è né una minaccia, né una soluzione. L’impatto di fenomeni come l’invecchiamento della società e l’immigrazione è complesso e richiede un approccio equilibrato anziché una scelta binaria.
Per arrivare a quest’approccio equilibrato, bisogna tuttavia capire quali siano le problematiche in questione e metterle sul tappeto. L’invecchiamento di per sé non è una minaccia, mentre lo sono le conseguenze a esso associate, come la carenza di manodopera e la copertura pensionistica, che sono fonte di preoccupazioni. La soluzione non è quindi necessariamente così semplice come una maggiore immigrazione o tassi di fertilità più elevati. Gli esperti potrebbero dare il loro contributo valutando i rispettivi vantaggi e svantaggi delle diverse politiche. Il progetto Global Strategy For Skills è un buon esempio di iniziativa che sonda i vantaggi e gli svantaggi delle diverse politiche che possono essere poste in essere per affrontare la carenza di competenze, non solo l’immigrazione, ma anche opzioni come il miglioramento delle condizioni di lavoro, lo sviluppo delle competenze e l’automazione.
In secondo luogo, l’invecchiamento e i problemi a esso associati hanno un impatto diverso sulle regioni. Se alcune aree urbane saranno interessate da una rapida espansione, alcune aree rurali potrebbero subire un’accelerazione del loro declino. Il tema quindi potrebbe essere non solo l’immigrazione, ma anche dove vanno esattamente i migranti. A questo proposito, risultano utili quelle innovazioni che consentono di associare le caratteristiche di migranti e rifugiati con le caratteristiche del luogo di collocamento per ottimizzare i risultati. GeoMatch, ad esempio, utilizza l’intelligenza artificiale per migliorare i risultati dell’integrazione, aumentando i tassi di occupazione dal 40 al 70%; Re:Match, invece, abbina i richiedenti protezione con le infrastrutture e le capacità disponibili nelle città, in base alle preferenze ed esigenze dei migranti. L’uso di questi strumenti consentirà di ottenere risultati migliori sia per i migranti che per le società di accoglienza.
L’Europa dovrebbe adottare politiche basate sulle evidenze e che portino a un’immigrazione ben gestita. Le attuali strategie migratorie sono spesso simboliche e ad hoc, spesso volte a placare l’elettorato con misure migratorie visibili ma inefficaci. Un esempio calzante è quello della Germania con la sua decisione di reintrodurre i controlli alle frontiere nel settembre 2024, misura considerata quasi unanimemente inefficace e che si rivolge per lo più agli stessi tedeschi. Si ravvisa invece l’esigenza di politiche diversificate a lungo termine che tengano conto delle sfide demografiche che l’Europa si trova ad affrontare, senza però ridurre i migranti al ruolo di “cerotto” per il problema dell’Europa.
Infine, bisogna imparare dalle recenti innovazioni. Sebbene vengano manifestate preoccupazioni crescenti per l’incapacità di assorbire i flussi, l’Europa ha accolto con successo 6 milioni di rifugiati ucraini. In questo periodo si sono anche sperimentate modalità per rendere più flessibili i requisiti di qualifica e lingua, ad esempio consentendo ai medici ucraini di lavorare in Lituania insieme a un medico di lingua lituana, facilitando così il loro ingresso nel mercato del lavoro. Dobbiamo fare leva su questi insegnamenti per tracciare percorsi più efficaci per il futuro.
Una visione lungimirante
La realtà demografica europea richiede soluzioni coraggiose e lungimiranti. Quando si parla di immigrazione, bisogna evitare i trabocchetti a cui si va incontro affrontando la questione in termini di minacce e soluzioni; si deve invece investire in un’immigrazione ben gestita e in politiche che affrontino le sfide specifiche poste dall’invecchiamento. Così facendo, l’Europa potrà tracciare un percorso che la porti a resilienza e prosperità.
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