Oggi Adolfo Urso sarà davanti ai cancelli della Portovesme srl. Il titolare del ministero delle imprese e del made in Italy (Mimit) parteciperà al sit-in organizzato dai sindacati confederali per protestare contro la decisione della multinazionale anglo-svizzera Glencore di fermare gli impianti della Portovesme srl, la fabbrica di Portoscuso che, sino al blocco scattato per decisione dell’azienda il 23 dicembre, ha prodotto semilavorati di zinco e di piombo.
SARÀ QUELLA DI URSO un’inutile passerella? Il segretario della Cgil Sardegna, Fausto Durante, avverte: «La visita del ministro non deve essere un’occasione per impegni generici e dilazionati nel tempo».
Al ministro Durante chiede decisioni nette: «Lo Stato – dice il dirigente Cgil – come già accaduto in altre situazioni aziendali in settori cruciali, ad esempio la siderurgia o i semiconduttori, può assicurare la continuità della produzione e il mantenimento dei posti di lavoro intervenendo direttamente nella struttura proprietaria e nella gestione dell’impianto, se necessario».
«Ma soprattutto – aggiunge Durante – Urso deve dimostrare con i fatti che le produzioni strategiche attive a Portovesme possono sopravvivere, anche con un nuovo investitore, e che, in ogni caso Glencore deve saldare ogni ipotetico ed eventuale debito. Spetta al governo far sì che questo importante patrimonio di professionalità e di capacità industriale rimanga invece nell’isola».
Sulla stessa linea i segretari territoriali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec, Emanuele Madeddu, Vincenzo Lai e Pierluigi Loi: «Quello compiuto da Glencore è un atto di grande scorrettezza. Il governo deve far sentire la propria voce».
I sindacati e gli operai della Portovesme srl hanno davanti la sostanziale inconcludenza del governo di fronte a un quadro nazionale di crisi del settore industriale diventato drammatico. Il caso Stellantis è un emblema più che eloquente.
COME HA RILEVATO pochi giorni fa il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, «l’ex Fiat ha presentato non un piano industriale, ma un piano di transizione, anche perché nel 2025 continuerà a esserci la cassa integrazione come nel 2024. L’unica novità è l’impegno su una piattaforma per Pomigliano e qualche versione ibrida di auto. Ma sia Mirafiori sia altri stabilimenti restano scarichi di commesse. Non c’è investimento sulla gigafactory, ma per produrre auto elettriche serve tutta la filiera industriale, anche la gigafactory».
NESSUNA INDICAZIONE chiara, insomma, di un progetto che dia sicurezze produttive e garanzie occupazionali. Nessun piano industriale. Esattamente come nel Sulcis, dove lo spettro della perdita del lavoro non riguarda solo Portovesme srl, ma tutto il polo metallurgico sardo, che tra diretti e indiretti arriva a 4.000 lavoratori.
Non serve a nulla – dicono a Portovesme, che Urso venga nell’isola a mettere pezze temporanee. Serve un impegno di largo respiro: la definizione di un serio, credibile piano di rilancio di un settore che ha rilevanza strategica nazionale.
Da parte sua, Urso fa mostra di essere determinato: «Noi non molliamo – dice -. Ritengo doveroso far sentire l’impegno delle istituzioni a chi teme di perdere il proprio lavoro». E con un comunicato della segreteria generale il ministro accusa Glencore.
«È la stessa Portovesme srl – si legge nella nota – ad avere ammesso che la decisione di anticipare al 23 dicembre il blocco della linea di produzione dello zinco è stata presa dall’azienda senza alcuna consultazione con il Mimit. Un’inaccettabile violazione di un accordo preso».
Insieme con Urso davanti ai cancelli dello stabilimento Glencore oggi ci saranno anche la ministra del lavoro Marina Calderone e la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde. «Saremo nel Sulcis con gli operai della Portovesme srl – dice Calderone – per confermare l’attenzione del governo e l’impegno per ogni singolo lavoratore in
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