Chi può beneficiare della detrazione fiscale prevista per gli interventi edilizi effettuati su beni immobili?
La legge riconosce determinati incentivi fiscali a favore di coloro che realizzano interventi edilizi, anche all’interno di un edificio condominiale. Di tali agevolazioni può beneficiare anche il soggetto diverso dal formale proprietario dell’immobile? In altre parole, il bonus ristrutturazione vale per i familiari non conviventi?
Mettiamo il caso del genitore non convivente che abbia sostenuto la spesa per la ristrutturazione edilizia della facciata dell’abitazione di proprietà del figlio: potrebbe beneficiare della relativa detrazione fiscale? Scopriamolo.
Cos’è il bonus ristrutturazione?
Il bonus ristrutturazione è un’agevolazione fiscale che consente di detrarre dalle tasse una parte delle spese sostenute per ristrutturare il proprio immobile.
Si tratta di una sorta di “rimborso”, con la differenza che i soldi spesi per la ristrutturazione non vengono restituiti ma scomputati dalle tasse da pagare annualmente.
Il bonus ristrutturazione ammonta al 50% della spesa sostenuta, entro il limite massimo di spesa pari a 96mila euro.
Chi spende 40mila euro per la ristrutturazione del proprio immobile può detrarne 20mila dalle tasse.
La detrazione fiscale è ripartita in 10 quote annuali di pari importo, nell’anno in cui è sostenuta la spesa e in quelli successivi.
A chi spetta il bonus ristrutturazione?
La detrazione spetta anche al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento.
Possono beneficiare della detrazione delle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia tutti i contribuenti assoggettati all’Irpef, a condizione che possiedano o detengano, sulla base di un titolo idoneo, gli immobili oggetto degli interventi e ne sostengano le relative spese.
Tra i soggetti legittimati a fruire della detrazione vi rientrano: il proprietario o il nudo proprietario; il titolare di un diritto reale di godimento (usufruttuario, ecc.); l’inquilino o il comodatario; i familiari conviventi, per tali dovendosi intendere il coniuge (a cui è equiparata la parte dell’unione civile), il convivente more uxorio, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Il bonus ristrutturazione vale per i familiari non conviventi?
Nel caso in cui la spesa dell’intervento sia stata sostenuta da un familiare, ai fini della detrazione è necessario che lo stesso sia convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento.
La convivenza deve sussistere quando si attiva la procedura – cioè alla data di inizio dei lavori – e al momento del sostenimento delle spese ammesse alla detrazione, anche se antecedente il predetto avvio.
La convivenza – nonché la disponibilità dell’immobile richiesti al momento del sostenimento delle spese che danno diritto alla detrazione – non deve invece permanere per l’intero periodo di fruizione della detrazione stessa.
Rispondendo al quesito che offre il titolo all’intero articolo, possiamo concludere affermando che il bonus ristrutturazione non vale per i familiari non conviventi.
Come funziona il bonus ristrutturazione per i conviventi?
Come anticipato, la detrazione spetta al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento di ristrutturazione.
Per fruire della detrazione non è necessario che i familiari abbiano sottoscritto un contratto di comodato, essendo sufficiente che attestino, mediante una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, di essere familiari conviventi.
La convivenza deve sussistere già al momento in cui si attiva la procedura ovvero alla data di inizio dei lavori.
La detrazione spetta al familiare per i costi sostenuti per gli interventi effettuati su una qualsiasi delle abitazioni in cui sussiste la convivenza, purché tale immobile risulti a disposizione.
La detrazione non spetta, quindi, per le spese riferite ad immobili a disposizione di altri familiari o di terzi.
Il marito non può fruire della detrazione per le spese di ristrutturazione di un immobile di proprietà della moglie dato in comodato alla figlia.
Non è invece richiesto che l’immobile oggetto dell’intervento sia adibito abitazione principale del proprietario o del familiare convivente.
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