#freececiliasala, il movimento per la scarcerazione di Cecilia Sala #finsubito prestito immediato

Cecilia Sala, giornalista de Il Foglio e Chora Media, si trova attualmente in una cella di isolamento nel carcere di Evin, a Teheran. Secondo alcune fonti sarebbe stata arrestata il 19 dicembre nel suo albergo. Nel frattempo, mentre il governo italiano tratta per la sua liberazione, corre sui social l’hashtag #freececiliasala

La notizia è arrivata nel pomeriggio del 27 dicembre, gelando il sangue a chi segue Cecilia Sala da tempo, su Instagram e tra le righe dei suoi articoli: Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran. L’arresto sarebbe avvenuto il 19 dicembre, mentre la giornalista si trovava nel suo albergo, ma la notizia non è stata diffusa per non compromettere le trattative tra la Farnesina e il governo iraniano. Per ora non è stata emessa nessuna accusa formale da parte del regime iraniano, e i negoziati proseguono. Il 27 dicembre l’ambasciatrice italiana in Iran Paola Amadei ha potuto incontrare Cecilia Sala per appurare le sue condizione di salute.

L’arresto e le prime notizie

Come riporta Il Post, Cecilia Sala sarebbe stata arrestata alle 12.30 del 19 dicembre mentre si trovava nel suo albergo di Teheran. Qui era era arrivata circa una settimana prima con regolare permesso giornalistico della durata di otto giorni. Secondo alcune fonti non confermate, aveva smesso di rispondere al telefono il giorno prima dell’arresto e non si era presentata a un appuntamento fissato il 19 dicembre. Dopo le prime 24 ore di detenzione in carcere, le è stato concesso di fare due telefonate: una alla sua famiglia e una al suo compagno, Daniele Raineri, giornalista de Il Post. Durante le chiamate avrebbe detto di stare bene e di non essere ferita.

Gli ultimi post su Instagram e il suo lavoro a Teheran

Proprio il 18 dicembre, un giorno prima del suo arresto, la giornalista postava su Instagram la foto e la storia di una donna resistente: Zeinab Musavi, celebre stand up comedian iraniana. «Ho incontrato una persona a cui ho voluto bene per anni da lontano» – scrive nel suo post. «Si chiama Zeinab Musavi, è la stand up comedian più famosa d’Iran. È stata arrestata per le parole pronunciate da una maschera, uno dei personaggi dei suoi sketch – da allora ha accumulato un po’ di battute divertenti sulla vita da detenuti. Ha riso dei giorni in cella di isolamento: “Even this is funny?”, “Everything is funny”. La carcerazione preventiva è finita ma il processo davanti alla magistratura islamica è ancora in corso, per questo non era scontato che accettasse di incontrarmi, le sono grata per averlo fatto».

Qualche giorno prima, invece, aveva pubblicato alcune fotografie di donne senza velo nella capitale iraniana, inoltre avrebbe parlato anche con Hossein Kanaani, tra i fondatori delle Guardie rivoluzionarie dell’Iran, i pasdaran.

Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, ha commentato così l’incarcerazione di Cecilia Sala: «Cecilia era in Iran, con un visto regolare, per raccontare un paese che conosce e che ama, un paese in cui l’informazione viene soffocata a colpi di repressione, di minacce, di intimidazioni, di violenza, di detenzioni, spesso ai danni degli stessi giornalisti».

Il carcere di Evin, il simbolo della repressione iraniana

Cecilia Sala si troverebbe attualmente in una cella di isolamento del carcere di Evin, dove storicamente vengono trattenuti oppositori e dissidenti politici. Qui sono stati detenuti alcuni degli oppositori del regime più celebri, tra cui l’attivista e premio Nobel per la Pace, Narges Mohammadi, attualmente scarcerata temporaneamente per le sue condizioni di salute. In questo carcere era stata anche detenuta la giovane romana Alessia Piperno dal 28 settembre 2022 al 10 novembre dello stesso anno. Oggi racconta al Corriere della Sera: «Appena mi hanno informata che Cecilia Sala era stata presa, sono ripiombata al 18 settembre 2022». Il carcere di Evin è tristemente famoso per le condizioni disumane in cui vengono detenute le persone, e varie organizzazioni hanno denunciato gli abusi e le torture commessi quotidianamente. «A noi almeno non ci alzavano le mani, non ci toccavano, anche se non ci risparmiavano le torture mentali. A me una volta mi avevano detto che era morta mia madre, un’altra che dovevo rimanere lì per solo dieci giorni. A differenza di Sala mi era stato concesso di sentire la famiglia solo due settimane dopo. Sono felice perché dà un po’ più di speranza», spiega Alessia Piperno al Corriere della Sera.

Il movimento #freececiliasala sui social

Insieme alla notizia dell’incarcerazione di Cecilia Sala si è diffuso fin da subito l’appello del web per la sua liberazione, al motto #freececiliasala. Un appello che certamente non avrà impatto sui negoziati tra Italia e Iran, ma che porta all’attenzione, ancora una volta, la repressione di un regime che non è disposto a tollerare voci di libertà.